Massimo Troisi
Quello sguardo triste e profondo, la semplicità quasi disarmante
e un linguaggio unico fatto di pause, frasi a metà, borbottii
e genuina napoletanità, sono stati il segno distintivo della
grandezza artistica di Massimo Troisi:
attore, cabarettista, sceneggiatore e regista con un cuore debole
che si è fermato troppo presto, quando aveva appena 41 anni.
tratto da IperSoap Magazine n. 4 Aprile 2021 p. 38, a cura di Lara Venè
Massimo Troisi, nato alla periferia di Napoli nel 1953, è stato la voce principale di quella nuova comicità napoletana nata attorno agli anni Settanta, ma è ritenuto anche uno dei migliori interpreti del cinema italiano.
Con una forza ineguagliabile di stare sul palcoscenico come fece notare con efficacia il giornalista Osvaldo Perelli su La Notte del 24 ottobre 1979, quando scrisse che «Massimo Troisi dev’essere nato con il palcoscenico incollato alle piante dei piedi».
Un talento naturale e una passione che lo porta in teatro appena quindicenne quando fa il suo esordio nel teatro parrocchiale insieme con alcuni amici d’infanzia, tra i quali Lello Arena, che poi sarebbe diventato suo grande amico e principale “spalla” a teatro e al cinema.
Qualche anno dopo, nel 1970, comincia a mettere in scena e a scrivere spettacoli. E’ il periodo del teatro alternativo d’avanguardia e con gli amici mette sù il gruppo Rh-Negativo, affittano un garage dove fondano il Centro Teatro Spazio. Qui prende vita un tipo di teatro innovativo, che è un pò farsa napoletana e un pò cabaret. Agli inizi, poveri e squattrinati, Troisi e compagni recitano con passione, spesso non vengono pagati costretti ad adattamenti e vestiti essenziali. Ma l’amore per l’arte e per il teatro basta a farli resistere.
Nel 1977 si rinominano come I saraceni. Nel frattempo il gruppo perde pezzi e rimangono in tre: Troisi, Arena e Decaro. La grande occasione si presenta al San Carluccio di Napoli che, per un improvviso forfait di Leopoldo Mastelloni deve ricorrere a una sostituzione.
Il trio si esibisce e lo spettacolo ottiene un grandissimo successo, specialmente tra il pubblico giovanile. E in quell’occasione I Saraceni diventano “La smorfia”.
La smorfia
L’appellativo nasce per caso quando Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro vengono chiamati al teatro San Carluccio di Napoli e non sanno cosa rispondere alla domanda della direttrice Pina Cipriani che chiede loro: «Ma come vi chiamate?». La risposta é una smorfia, che prese forma nel volto di Troisi. La smorfia, tradizione napoletana doc. e, non foss’altro che per scaramanzia così sacra ai napoletani i tre si incollano addosso l’appellativo e non lo abbandonano più. Hanno avuto ragione perchè é stato foriero di successi che apre loro le porte del cabaret romano La Chanson e altri spettacoli comici sui palcoscenici di tutta Italia, poi quelle della trasmissione radiofonica Cordialmente insieme. Infine,
l’esordio in televisione, ottenendo larghi consensi e un successo nazionale. Un successo breve e inatteso che consente a Massimo Troisi di fare il salto dal piccolo al grande schermo.
Il cinema
L’esordio è il 1981 con Ricomincio da tre di cui Troisi è regista, sceneggiatore e attore. Un grande successo di pubblico e di critica. Troisi é la rivelazione della stagione cinematografica italiana. Vince diversi riconoscimenti per la regia e per la sua interpretazione di Gaetano, due David di Donatello, tre Nastri d’argento e due Globi d’oro. Il film, che ha le musica di Pino Daniele, inaugura anche un lungo sodalizio artistico con Anna Pavignano con cui Troisi avrà, tra l’altro, anche una relazione sentimentale. I due, insieme scrivono tutte le sceneggiature dei film di Massimo ad eccezione di Non ci resta che piangere.
Nel 1983 Troisi firma la sua seconda pellicola, Scusate il ritardo che ottiene numerosi premi tra cui il David di Donatello (1983) per il miglior attore non protagonista a Lello Arena.
Un anno dopo, nel 1984, esce Non ci resta che piangere, scritto, diretto e interpretato con l’amico Benigni. I due, alias Mario e Saverio, catapultati per uno strano scherzo del destino nel lontano 1492 e costretti alle più disparate avventure, con questa pellicola, firmeranno una delle scene più esilaranti della storia del cinema: chi siete? -Siamo due che… -Cosa fate? Cosa portate? -Niente, roba… -Sì ma quanti siete? -Due, siamo io e lui…-Un fiorino!! -Si paga? -Un fiorino!!
Gli stessi protagonisti racconteranno poi che la celebre scena in cui passano la dogana è stata girata diverse volte perchè non riuscivano a smettere di ridere.
Dobbiamo sempre a questo film un’altra frase celebre,
diventata cult:
Frate: “Ricordati che devi morire”.
Mario: “Come?”
Frate: “Ricordati che devi morire”.
Mario: “Vabbene”…
Frate: “Ricordati che devi morire”.
Mario: “Sì, sì, no, mò me lo segno proprio”.
Gli stop e le soste dovute alla malattia non impediscono a Troisi altre collaborazioni e nuove esperienze, come quella con Ettore Scola in tre lavori cinematografici. Nel 1988, Splendor, l’anno successivo Che ora è (1989) con Marcello Mastroianni, coppia che si aggiudica ex aequo la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra del Cinema di Venezia. Infine, e nel 1990 collabora per l’ultima volta con Scola nel film Il viaggio di Capitan Fracassa.
L’ultima regia di Troisi, dove è anche sceneggiatore e protagonista, è quella di Pensavo fosse amore… invece era un calesse del 1991, con Francesca Neri e Marco Messeri.
Il cuore debole e malato
Massimo Troisi fin da bambino è affetto da cardiopatia che lo rende debole e che segna la sua vita. A 23 anni, quando recita ne I Saraceni, si sottopone a un intervento alla valvola mitrale negli Stati Uniti. Dopo 17 anni, nel 1993, un nuovo intervento sempre negli Stati Uniti, che non sortisce gli effetti sperati. Da quel momento la sua debole salute va sempre peggiorando. Nel 1994, quando sta ultimando la sceneggiatura del Postino con il regista Michael Radford e lo sceneggiatore Furio Scarpelli a Los Angeles, Troisi approfitta del soggiorno in America per spostarsi a Houston, nell’ospedale dove si era operato da ragazzo, per un controllo prima dell’inizio delle riprese. Viene operato con urgenza, ma durante l’intervento viene colpito da un infarto. Rimane il trapianto.
“Questo film lo voglio fare con il mio cuore» dice Troisi in merito al Postino. Lo ha raccontato in un’intervista, l’attore Renato Scarpa. E per quel motivo Massimo decide di girare il film prima di un’eventuale trapianto. Ci riesce: le riprese cominciano nell’autunno del 1993 e durano fino alla primavera dell’anno dopo, le immagini sono bellissime, la musica struggente, lui immenso. Fa appena in tempo a finire le riprese e poi muore nel sonno, il 4 giugno 1994.
Il successo del Postino fu grandissimo, intramontabile, come Massimo Troisi.