Federico Fellini
Con cinque premi Oscar, numerosi riconoscimenti
nazionali e internazionali, una collezione di film diventati cult,
Federico Fellini è considerato uno dei registi più rilevanti nella
storia del cinema a livello mondiale.
tratto da IperSoap Magazine n. 5 Maggio 2021 p. 40, a cura di Lara Venè
Nato a Rimini nel 1920, in quarant’anni di carriera ha dato vita a storie e una moltitudine di personaggi quasi onirici che, per la loro forza e singolarità, possono essere definiti solo con il termine di “felliniani”.
La sua carriera comincia più o meno a vent’anni, quando l’Italia è nell’ultima fase della seconda guerra mondiale e dell’armistizio con gli Alleati. In quel periodo Fellini avvia la collaborazione con l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR), come autore radiofonico. Un’attività che gli apre le porte del mondo dello spettacolo e quelle del cuore. Infatti, dalla radio al cinema il passo sarà breve, mentre in redazione conosce Giulietta Masina, giovane attrice talentuosa con cui nasce un sodalizio artistico oltre che sentimentale.
L’avvio alla macchina da presa avviene attraverso la porta principale, quando Fellini collabora con il regista Roberto Rossellini, prima alla sceneggiatura di Roma città aperta (1945), poi a quella di Paisà (1946), film memorabili che daranno il via a quella che viene definita la magica stagione del neorealismo italiano. Nel 1950, la sua prima regia con Luci del varietà, film che dirige con Alberto Lattuada. La pellicola non avrà un grande successo commerciale, ma una buona critica. Ma é Lo sceicco bianco (1952) il film che segna l’esordio di Fellini come regista. Michelangelo Antonioni è il coautore del soggetto, Ennio Flaiano della sceneggiatura e Alberto Sordi il protagonista.
Un anno dopo Fellini gira I vitelloni, sempre con Alberto Sordi, che racconta la vita di provincia di un gruppo di cinque amici a Rimini, annoiati e immaturi, senza alcuna voglia di diventare grandi. Un film divenuto iconico, premiato con il Leone d’argento per la migliore regia alla Mostra del cinema di Venezia. Il successo de I vitelloni oltrepassa i confini nazionali, riscuotendo grande favore anche in Argentina, Stati Uniti, Francia e Inghilterra, contribuendo ad esportare all’estero il nome del regista romagnolo. Ma la fama a livello mondiale arriverà un anno dopo, nel 1954, con La strada,
ancora con la sceneggiatura di Ennio Flaiano e con la recitazione di Giulietta Masina ed Anthony Queen. Un film pluripremiato con l’Oscar (miglior film in lingua straniera), Leone d’argento al Festival di Venezia e tre Nastri d’argento (miglior film, miglior regia, miglior scenario).
Tre anni dopo un altro premio Oscar con Le notti di Cabiria (1957) in cui Fellini decide di raccontare ancora gli umili e gli emarginati. La protagonista è Cabiria, una prostituta di una frazione romana, interpretata sempre dall’inseparabile Giulietta Masina. Per molti critici il film è considerato uno dei migliori della collaborazione tra loro.
Nel 1960 esce La dolce vita, altro suo capolavoro, Palma d’oro al Festival di Cannes e Oscar per i migliori costumi, tra i più apprezzati a livello internazionale. Una pellicola che racconta bene la Roma di quegli anni con uno strepitoso Marcello Mastroianni e la bella svedese Anita Ekberg; memorabile l’abbraccio e il bagno nella Fontana di Trevi, una delle scene più celebri di tutti i tempi e simbolo di questo film che rimane uno dei più visti di sempre. La dolce vita ha rappresentato un mood, anticipando in parte la moda e il costume: Paparazzo, ad esempio, è il cognome di uno dei personaggi, impegnato a rubar foto che facciano scandalo. Da quel momento, per metonimia, tutti i reporter scandalistici sono diventati i paparazzi. E ancora, il classico dolcevita, nasce dal maglioncino indossato da Mastroianni nel film. E il titolo stesso del film è diventato un modo per indicare una vita fatta di lusso e ricchezza.
Tre anni dopo è la volta di 8½, un titolo nato per una banalità per un film ritenuto invece uno dei più grandi della storia del cinema. Perchè 8½? Perchè quando Fellini comincia a lavorare a questo capolavoro aveva diretto interamente sei film, più tre “mezzi”, cioè a metà con altri registi. Un cast di grandi nomi anche per 8½, da Marcello Mastroianni a Claudia Cardinale, da Rossella Falk a Sandra Milo. Il soggetto ancora una volta è di quella penna formidabile di Ennio Flaiano che per Fellini aveva già scritto La strada e La dolce vita. E’ considerato dalla critica un capolavoro, fonte di ispirazione di diversi registi, che fa meritare a Fellini ancora un Oscar e un altro va a Piero Gherardi per i costumi.
A dieci anni esatti di distanza, arriva il quarto Oscar con Amarcord, uno dei film più conosciuti di Fellini. Il titolo deriva da un modo di dire romagnolo “a m’arcord” (“io mi ricordo”) ma poi, grazie alla notorietà raggiunta, è entrato a pieno titolo a far arte della lingua italiana. L’amarcord è un ricordo dal sapore nostalgico, proprio come quello dei protagonisti del film (1973), che rievocano i tempi della vita trascorsa nell’antico borgo di Rimini agli inizi degli anni Trenta, tra la storia, le tradizioni, i passatempi, le emozioni e gli aneddoti di una comunità di provincia romagnola, che può benissimo rappresentare le mille altre vite delle piccole comunità del paese.
Seguono poi altri vent’anni di lavori per il cinema principalmente, ma anche per la tv. Il suo ultimo impegno come regista, nel 1990, La voce della luna, interpretato da Paolo Villaggio e Roberto Benigni con la bella musica di Nicola Piovani.
Nel marzo del 1993 per “ i suoi meriti cinematografici che hanno entusiasmato e allietato il pubblico mondiale”, l ‘Academy of Motion Picture Arts and Sciences gli attribuisce l’Oscar alla carriera. Un ultimo tributo per il grande regista romagnolo che nell’ottobre dello stesso anno se ne andrà all’età di 73 anni.