I diritti dei bambini
A TRENT’ANNI DALLA RATIFICA DELLA
CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELL’INFANZIA.
Era il 27 maggio 1991 quando l’Italia, con l’approvazione della
Legge 176, ratificò la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia
e dell’adolescenza: 54 articoli divisi in tre sezioni contenenti
l’enunciazione dei diritti e gli strumenti per applicarli e
controllarne il rispetto.
tratto da IperSoap Magazine n. 5 Maggio 2021 p. 34, a cura di Lara Venè
Un testo di fondamentale importanza, approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificato da 197 Stati nel mondo, che riconosce tutti i bambini del pianeta come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici. Principi fondamentali che valgono per tutti i bambini, nessuno escluso, senza distinzione di lingua, di cultura e di razza e che, a trent’anni di distanza, devono affrontare le nuove sfide della contemporaneità, della dad, dei social e le loro pericolose insidie.
Un pò di storia
Ci sono voluti molti anni prima che venissero riconosciuti i diritti ai minori e che la loro crescita armoniosa venisse considerata come bene prioritario. Come non ricordare il piccolo Oliver Twist nelle tristi vicende narrate da Dickens o, ancora, le condizioni di vita dei piccoli protagonisti in alcuni film del neorealismo italiano: miseria, privazioni, sfruttamento, nessun diritto all’istruzione, alla salute fisica o psicologica. Nulla.
Il primo passo fu compiuto il 23 febbraio del 1923 a Ginevra con la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, che fu adottata dalla Società delle Nazioni. La Dichiarazione era stata redatta da Eglantyne Jebb, che assieme alla sorella Dorothy, aveva fondato Save the Children nel 1919.
Poi, con l’istituzione dell’ONU, una nuova Dichiarazione venne approvata il 20 novembre 1959 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Mentre, nel 1989 fu approvata la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, che ha una forza maggiore rispetto ai documenti precedenti. La Convenzione, infatti, è vincolante per tutti gli Stati che la ratificano.
La Convenzione Onu
È composta da 54 articoli e il testo è ripartito in tre parti. Nei primi 41 articoli sono elencati i diritti riconosciuti ad ogni bambino, senza alcuna distinzione e a “prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza”. Tra questi, quattro vengono identificati come principi fondamentali: il diritto alla non discriminazione (art.2), il rispetto del superiore interesse del bambino (art.3), il diritto alla vita, alla sopravvivenza ed a un corretto sviluppo (art.6) ed il diritto all’ascolto (art.12).
La seconda parte della Convenzione individua gli organismi preposti e le modalità per il miglioramento e il monitoraggio della Convenzione (artt. 42-45), mentre la terza descrive la procedura di ratifica (artt. 46-54).
A che punto siamo in Italia? Dipende da dove si nasce
“Mai più invisibili” Indice 2020, il Rapporto sulla condizione di donne e minori condotto da WeWord, l’organizzazione internazionale che si occupa di bambini e bambine e adolescenti che, in Italia, vivono in situazione di povertà e marginalità, ci restituisce il ritratto di un Paese solcato da profondi divari, in cui opportunità, benessere e salute sono determinati dal luogo dove si è nati.
Il Rapporto, pubblicato lo scorso anno, mette in luce ancora una volta, la consueta divisione tra Nord e Sud. Un divario con una seconda suddivisione: tra Nord e Centro-ovest da una parte, Centro-est e Sud dall’altra. Donne e bambini vivono in condizioni di buona o di sufficiente inclusione nei territori al Nord e nel Centroovest, mentre sono in condizione di grave esclusione o di insufficiente inclusione al Sud, nelle isole e nella parte centro orientale del Paese.
La classifica vede al primo posto il Trentino-Alto Adige (valore indice pari a 4,8), seguito da Lombardia e Valle d’Aosta (3,4), Emilia-Romagna (3), Lazio e Friuli Venezia-Giulia (2,1), Veneto (1,9), Toscana (1,6), Liguria (1,5), Piemonte (1), Marche (0). In coda alla lista, con un indice in negativo, si piazzano le regioni del Centro-est e Sud Italia: gli ultimi posti sono occupati da Sardegna (-2,6), Puglia (-3,5), Campania (-3,9), Sicilia (-4,3). Fanalino di coda è la Calabria, con un indice di -4,5. I bambini residenti in Calabria vivono uno svantaggio doppio, determinato da povertà economica ed educativa, rispetto ai bambini del Trentino-Alto Adige, con un divario di ben 9,3 punti tra le due regioni.
Le opportunità
Sempre scondo i dati di WeWorld, solo l’8% dei figli di genitori senza diploma si laurea, contro il 68% di chi invece è figlio di genitori laureati. E questo rafforza il trend della cosidetta scarsa mobilità in termini di istruzione che è particolarmente accentuata in Italia: due terzi dei bambini di genitori senza un titolo di studio secondario superiore restano con lo stesso livello d’istruzione, rispetto a una media Ocse del 42%.
Il Wi-Fi tra i nuovi diritti
Nell’era digitale l’accesso a internet è un nuovo diritto per i bambini di oggi. Ma non é capillare e non tutti hanno la stessa possibilità di navigare velocemente anche perché alcune zone d’Italia non sono ancora coperte in maniera efficiente dalla banda larga. Secondo il rapporto di WeWord, nonostante lievi miglioramenti nelle infrastrutture (la copertura con banda ultralarga ad almeno 30 Mbit/s è passata dal 7% del 2013 al 26,4% del 2015), le ultime rilevazioni Agcom (ottobre 2019) dicono che il 4,9% delle famiglie non ha copertura Adsl.
Il divario digitale, stando al rapporto, dipende da fattori generazionali e culturali: le famiglie più connesse sono quelle con figli e quelle più istruite, le meno connesse quelle formate da anziani e le più povere.