Achille Lauro
Difficile trovare un aggettivo adatto per raccontare Achille Lauro,
il ragazzo cresciuto nella periferia romana, diventato un artista
icona nella musica e nella moda.
tratto da IperSoap Magazine n. 6 Giugno 2021 p. 82, a cura di Cloe D. Betti
Difficile anche trovare un solo percorso artistico che il cantante, balzato al primo posto nelle vendite in appena una settimana con il suo nuovo disco, “Lauro” , ha segnato nella musica italiana, diviso tra rock, punk, pop e una melodia che si sposa con l’orchestra, per essere sempre un uguale tra pari ma, comunque unico. Usa gli abiti per raccontarsi ma anche per scardinare quei cliché divisi tra perbenismo e trasgressione che hanno fatto gridare al nuovo Renato Zero e scatenare polemiche anche dai toni accesi. «Il successo può essere una gabbia. E io mi concedo il lusso di essere libero, grazie al successo – ha sottolineato l’artista – di Renato Zero ce n’è uno così come di Achille Lauro, sono identità molto distinte. Il paragone nella musica è sbagliato perché, per quanto il costume ci accomuni, ognuno ha dato qualcosa di originale». La musica, per Achille Lauro, all’anagrafe Lauro De Marinis, nato a Verona e cresciuto tra i quartieri romani di Val Melaina, Vigne Nuove e Tufello, è la sua anima, il suo biglietto da visita per parlare al mondo. «Per questo vi chiedo di averne cura», ha chiesto ai giornalisti presentando la sua nuova creatura, dodici brani, in cui fotografa una nuova generazione che sembra credere poco in se stessa. «Le mie canzoni sono spontanee, raccontano quello che sento in un preciso momento, che cerco di immortalare – ha spiegato – chi vorrà andare a fondo, capirà che c’è sempre qualcosa di più e che ogni brano offre diverse chiavi di lettura, dalla più superficiale a quella più profonda. Faccio anch’io parte di questa generazione che ha bisogno di una ricerca continua». Profondo e introspettivo quanto ironico e spiritoso, disposto a farsi prendere in giro dall’irriverenza di Pio e Amedeo su Canale 5, così come di scherzare e sorridere nel salotto radical chic di Fabio Fazio su Raitre, Lauro era entrato nelle case degli italiani già tempo fa, correndo per le strade della Thailandia in un’edizione di “Pechino Express” che lo aveva visto protagonista con l’amico e collega Boss Doms. Una coppia che tornerà a giocare di astuzia nel nuovo game di Amazon Prime “Celebrity Hunted”, una sorta di guardie e ladri in chiave moderna, tra inseguimenti con droni e telecamere a raggi infrarossi, dove i ladri, ovviamente saranno i due artisti.
«Ho sempre fatto l’opposto di quello che ci si aspettava da me», ha dichiarato Lauro che ama la perfezione «controllo ogni dettaglio, anche e soprattutto quelli che sfuggono alla maggior parte delle persone», innamorato della scrittura «a dodici anni passavo le notte a scrivere quaderni», cresciuto in una comune di artisti «da cui ho imparato tanto», capace di godersi il Festival di Sanremo per tre anni di fila. I primi due in gara, con
“Rolls Royce” prima e con “Me ne frego” poi, l’ultimo, da super ospite, con performance studiate per raccontare la sua storia musicale. Sul volto si è tatuato la scritta Pour l’amour, un cuoricino sullo zigomo e la parola scusa sulla guancia sinistra, parole che appartengono solo a lui: nelle tante interviste che lo hanno consacrato artista amato, ha preferito sorvolare. Il suo passato fatto di una vita a volte “disperata” e di tante rinascite cercate, è emerso anche nelle parole di suo padre, magistrato, che non ha nascosto la sua parte di colpa nell’aver voluto allevare due figli in «un ambiente borghese» molto lontano da loro. Acqua passata. Oggi Achille Lauro ha scelto la musica per parlare ai giovani di futuro, lasciando il passato in cassetti non sempre facili da chiudere. «Bisogna dare la possibilità ai giovani di capire che la scelta è possibile ed è doverosa per un cambiamento. La scelta di pensare in modo diverso, dell’essere coraggiosi rispetto alla proposta musicale, dello scegliere chi amare, al pensare qualcosa che non esiste per il futuro – ha sottolineato – i ragazzi oggi guardano quello che funziona e lo emulano. Dio benedica chi se ne frega: per me il punk rock è molto importante, per il messaggio che porta. La mia fortuna è aver trovato delle persone, a partire dalla mia discografica, che mi hanno dato fiducia, come hanno fatto Amadeus e Fiorello a Sanremo». L’album spazia dal glam rock «un manifesto di libertà, la solitudine coperta dal trucco e da un costume», al rock’n’roll «la parte più spensierata del disco», alla musica pop «vista in Italia come una cosa frivola e di poco valore ma per me significa farsi un’idea sbagliata di qualcuno» fino al punk rock «icona della scorrettezza, l’anticonformismo, il mio non seguire mai quello che funziona, la voglia di fare sempre qualcosa di nuovo e di unico». Quattro generi musicali per un solo nome di cinque lettere, Lauro, con una “o” finale «che rappresenta una fine che può essere vista in tanti modi».