Il Calcio è… Donna
Chi pensa che il calcio sia uno sport per soli uomini si sbaglia
di grosso. Da qualche anno a questa parte sta dilagando
anche tra il gentil sesso, diventando un fenomeno in
espansione in Italia e nel mondo.
tratto da IperSoap PiùMe Magazine n. 9 Settembre 2021 p. 28 a cura di Anna Greco
In particolare, per gli italiani l’anno del boom è stato il 2019 quando al Mondiale di Francia le Azzurre di Milena Bartolini si piazzano tra le migliori otto squadre del torneo, arrivando ai quarti di finale. A vincere quel mondiale, giunto all’edizione numero 8, è la nazionale Usa che conserva, così, il titolo conquistato quattro anni prima, ma per il calcio femminile italiano quel mondiale diventa una sorta di spartiacque tra un prima e un dopo, con un crescendo di interesse dentro e fuori dal campo di gioco.
Secondo uno studio realizzato da Nielsen Sport sulle interazioni social durante gli eventi sportivi più rilevanti del mese di giugno 2019, i Mondiali femminili FIFA hanno rappresentato il secondo evento sportivo in Italia in termini di second screen (scelta di visione alternativa alla televisione).
L’account della Nazionale calcio femminile è arrivata al terzo posto fra gli account più rilevanti in termini di engagement della social TV. Con questi numeri la parità di genere si sta affermando anche sul rettangolo verde più famoso al mondo.
Ne è passata di strada dagli esordi. Il calcio femminile nasce nella terra del football, l’Inghilterra. Qui, attorno ai primi anni del Novecento, prende corpo la squadra delle “Signore del Kerr”, che deve il suo nome a una fabbrica inglese in cui le donne lavoravano in massa, sopperendo all’assenza di uomini impegnati nel primo conflitto mondiale. Si formano le prime squadre di donne che giocano con gonne lunghe e corsetti e si affrontano nel cortile della fabbrica nel dopolavoro. E’ un’immagine inedita per noi, abituate a vedere le donne in altri quadri di vita. Dall’Inghilterra il fenomeno si espande alla Scozia. E poi alla Francia, alla Svezia e alla Germania.
In Italia il movimento nasce nel 1930 a Milano dove viene fondato il Gruppo Femminile Calcistico. Nel 1946 a Trieste nascono ben due squadre: la Triestina e le ragazze di San Giusto. E poi a Napoli, Messina, Roma, Bologna. Ma il vero inizio è il 1968 quando nasce la Ficf, la Federazione italiana calcio femminile. Con la nascita della Federazione parte anche il primo campionato a dieci squadre.
Un altro passo in avanti nel 1986 quando il calcio femminile entra a far parte della Figc. E poi, ancora, nel 1997, per la prima volta dall’entrata nella FIGC, le società militanti nei campionati nazionali di serie A e B eleggono il presidente della 1° Divisione Calcio Femminile. Da quel momento sarà una crescita lenta e costante e l’anno dopo esordiscono anche le Azzurrine: la nazionale under 19, che nel 2008 addirittura si aggiudica il primato di essere la prima nazionale giovanile a vincere una medaglia mondiale.
La cifra dell’evoluzione del calcio in rosa la dà anche quel pesante mercato che ruota attorno ai diritti tv a livello globale. Come dimostra il fatto che molte emittenti, convinte dai risultati in termini di audience, hanno deciso già di investire per assicurarsi i prossimi eventi in cui il calcio femminile sarà protagonista. E si tratta di investimenti significativi che, fino ad oggi, erano destinati solo agli sport maschili.
In Inghilterra, per dire, la Football Association (Fa) ha firmato un accordo triennale da 24 milioni di sterline (circa 28 milioni di euro) con Sky Sports e BBC per la trasmissione delle partite della Women’s Super League (WSL). Grazie a questo accordo si stima che la WSL diventerà la lega sportiva femminile più trasmessa al mondo.
Del resto, Ebru Koksal, la presidente del network Women in Football al Financial Times, ha dichiarato che “entro il 2030, il calcio femminile sarà diventato uno sport comune. Ad eccezione dei massimi livelli del campionato maschile, potrà comunque competere con le leghe maschili, o altri sport come rugby, cricket o tennis”.
Da quest’anno e fino al 2023 la serie a Femminile sarà su La7, fino al 2023.
La disparità tutta italiana
A fronte di questa crescita, però, in Italia il calcio femminile, sconta un’anomalia rispetto alle grandi potenze europee.
Perché, almeno fino a un anno fa, non era riconosciuto come uno sport professionistico. Fino a quel momento le donne
che giocavano a calcio lo facevano a livello dilettantistico, cioè senza le tutele previste dalla legge sulle prestazioni di
lavoro sportivo, riconosciute invece nel professionismo. Alle donne non venivano così riconosciuti contributi pensionistici e tutela in caso di maternità e invalidità. I mondiali di Francia del 2019 sono stati determinanti anche su questo fronte perché hanno avuto il grande pregio di accendere i riflettori su una disparità tra uomini e donne ingiusta e incomprensibile.
A pochi mesi dalla chiusura di quei mondiali, infatti, il Parlamento italiano ha approvato un emendamento alla Legge di bilancio che ha introdotto anche per le calciatrici italiane quei diritti e quelle tutele fino a quel momento prerogativa solo dei colleghi uomini. Ma attenzione: si era aperta si la porta al professionismo sportivo femminile, ma la sua applicazione era affidata alle singole federazioni.
Oggi dovrebbe essere, però, una questione di mesi: quello dell’anno calcistico che sta per cominciare è dichiarato “di transizione” verso il prossimo, il 2022, con il passaggio definitivo al professionismo di tutti i club di massima serie.