Serena Williams
Definirla la tennista più forte di tutti i tempi sarebbe forse riduttivo. Paradossale ma vero. Già, perché Serena Williams, in parallelo agli svariati titoli e ai record conquistati sul campo, spesso con impressionante facilità, si è affermata come imprenditrice di successo (in più settori) e icona di tante battaglie, in primis contro il razzismo e le discriminazioni di genere.
tratto da PiùMe Magazine n. 10 Ottobre 2022 p. 68 a cura di Gabriele Noli
l 3 settembre ha perso al terzo turno degli Us Open dalla serba Tomljanovic: è stata quella la sua ultima partita, al culmine di una carriera lunga un quarto di secolo. Forse.
Ad agosto aveva infatti annunciato il ritiro, palesando il proprio dolore per la decisione presa, ma anche la necessità di vivere, a 41 anni, quella che lei ha stessa ha chiamato “evoluzione”, lontano dallo sport tanto amato. Quando le è stato chiesto se avrebbe potuto ripensarci, un giorno, ha risposto: “Non credo proprio, però non si sa mai…”.
Certo, resistere al richiamo della racchetta non sarà facile.
A Serena Williams, comunque, gli impegni non mancheranno. “Grazie a tutti quelli che sono stati con me durante questo viaggio incredibile, durato anni, decenni”, ha dichiarato in mondovisione, commossa, al termine della sua ultima partita.
E poi, un pensiero per ogni membro della famiglia. A cominciare da Richard, il padre nonché primo allenatore. Pur non avendo mai preso una racchetta in mano si era convinto che Serena e la sorella Venus sarebbero potute diventare due campionesse. Per questo aveva elaborato un piano tennistico da seguire scrupolosamente. Per lui il fallimento non era contemplabile.
Nel film “King Richard – Una famiglia vincente” è stato interpretato da Will Smith, che per il ruolo ha vinto l’Oscar al miglior attore. Parole speciali anche per la madre, per la stessa Venus (“È la sola ragione se adesso io sono qui”), per il marito Alexis Ohanian, miliardario statunitense di origine armena, e Olympia, la figlia di 5 anni, cui sono state intestate quote dell’Angel City di Los Angeles, la nuova squadra di calcio femminile a stelle e strisce.
Serena Williams si è aggiudicata la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Londra 2012, 73 tornei (in singolare) del circuito maggiore, di cui 23 del Grande Slam: 7 Wimbledon e Australian Open, 6 Us Open e 3 Roland Garros, appena uno in meno di Margaret Smith Court (24). “So che ad alcuni è piaciuto fantasticare sul fatto che avrei potuto raggiungerla vincendo a Wimbledon e superarla allo US Open per poi salutare tutti”, ha affermato la fuoriclasse americana, divenuta per la prima volta giocatrice numero 1 al mondo l’8 luglio 2002, rimanendoci complessivamente per 319 settimane (non consecutive), terza nella classifica di tutti i tempi dietro solo a Steffi Graf e Martina Navratilova, arrivando a guadagnare quasi 100 milioni di dollari nel corso della sua carriera. Nessuna come lei. Non bisogna però limitarsi ai freddi numeri.
Il suo vissuto è infatti scandito da svariate battaglie (assai più rilevanti di quelle su un campo da tennis) combattute in prima linea, con il coraggio di chi si sente in dovere di difendere ciò in cui crede fermamente (parità di salario tra maschi e femmine, il rispetto per i diritti dei neri, la dignità delle donne), prendendo a racchettate ogni genere di ipocrisie e stereotipi.
Qualche esempio su tutti: per 14 anni ha boicottato il torneo di Indian Wells (negli Stati Uniti) durante il quale, nel 2001, era stata vittima di un insulto a sfondo razziale. L’ultimo torneo dello Slam lo ha conquistato in Australia nel 2017 (in finale contro la sorella Venus) quando era già in attesa della figlia Olympia. “Sono quasi morta quando l’ho data alla luce”, avrebbe poi raccontato, facendo riferimento ad una serie di complicazioni sopraggiunte dopo il parto. È rimasta ferma a letto per sei settimane e lontana dai campi per un anno e mezzo. A Parigi, nel primo torneo del Grande Slam disputato al rientro, ha giocato con una tuta da Catwoman.
“Per tutte le mamme che come me hanno avuto una dura ripresa dalla gravidanza, eccomi qua. Se posso farlo io, potete farlo anche voi».
Così sui social aveva spiegato il perché di quel gesto. Serena Williams non ha mai avuto un rapporto facile con il suo corpo. Da piccola faticava a piacersi: avrebbe voluto il fisico slanciato di Venus, non riusciva ad accettare di non essere come lei.
Fondamentale in tal senso è stato l’apporto di Yetunde Price, sorella maggiore uccisa in uno scontro tra bande nel 2003 a Compton, il ghetto di Los Angeles nel quale le Williams sono cresciute. Serena Williams ha saputo imporsi anche come imprenditrice: ha fondato (nel 2014) una società di investimenti (“Serena Ventures”) attiva in start up innovative ed energie rinnovabili ed una linea di abbigliamento (“S by Serena”), alle quali da qui in avanti potrà dedicarsi appieno. In campo, comunque, niente poteva distrarla: lei non si limitava a battere le avversarie, le annientava, favorita da uno strapotere fisico disarmante e da una personalità tale da mettere in soggezione chiunque si trovasse di là dalla rete, salvo le poche che riuscivano a tenerle testa. Le sarebbe piaciuto mettersi alla prova contro gli uomini, per dimostrare che poteva essere comunque competitiva. Non era una provocazione: sapeva di essere forte e non lo nascondeva. Nel suo messaggio di addio ha precisato che non avrebbe mai voluto dover decidere tra il tennis e la famiglia. E qui si torna al concetto della disparità di genere, lontana dall’essere superata: un argomento ancora tabù. “Se fossi un maschio non dovrei scrivere questo, perché sarei là fuori a giocare e vincere mentre mia moglie si occuperebbe di espandere la famiglia. Forse sarei più una Tom Brady se ne avessi l’opportunità”. Sempre diretta e mai banale, Serena Williams si è congedata dallo sport tanto amato consapevole che avrebbe potuto vincere di più. Eppure ugualmente felice e pronta a evolversi.