Regina Elisabetta
Storia di un’icona
«Quando la vita sembra difficile, i coraggiosi non mollano e non accettano la sconfitta; invece, sono tanto più determinati a lottare per un futuro migliore
tratto da PiùMe Magazine n. 11 Novembre 2022 p. 38 a cura di Lara Venè
La notizia della morte della regina Elisabetta II, ormai per tutti semplicemente “La” Regina, è un evento che ha riguardato il mondo intero, non solo i 150 milioni di sudditi del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth.
Per ragioni politiche e istituzionali ha coinvolto moltissimi paesi nel mondo, capi di stato e di governo che hanno conosciuto Elisabetta durante il suo lungo regno durato 70 anni e 214 giorni: il più lungo della storia britannica, superando il record di quello del Re Sole, Luigi XIV di Francia, il più duraturo della storia. Quando sale al trono è il 6 febbraio 1952. Ha 26 anni. Al governo c’è Wiston Churchill, la Seconda guerra mondiale è finita da qualche anno e l’Europa sta costruendo le basi per una pace duratura. In Italia è in carica il VII governo De Gasperi, qualche mese dopo alle elezioni presidenziali americane avrebbe vinto Dwight Eisenhower. Elizabeth Alezandra Mary, quel giorno del 6 febbraio, in compagnia del consorte Filippo sposato qualche anno prima, è impegnata in un viaggio istituzionale attraverso i paesi del Commonwealth per consolidare le relazioni con i membri dell’ex Impero britannico.
È in Kenya quando la raggiunge la notizia della morte del padre, l’amato re Giorgio VI. Le regole e i ritmi della successione sono inflessibili e lei, lontana dalla patria, viene nominata regina. Sceglie di mantenere il suo nome, lascia in fretta il paese e torna a Londra per i funerali del padre. In questa occasione fa la sua prima uscita ufficiale, anche se per l’incoronazione sarà celebrata solo dopo un anno e mezzo, il 2 giugno 1953. Da quel momento Queen Elizabeth attraversa la storia, del suo paese e del mondo. Sotto il suo regno si avvicendano 14 premier, assiste agli anni duri e turbolenti della lunga era della conservatrice Margaret Thatcher (1979-’90) con cui non c’è un gran feeling, quelli di Tony Blair (1997-2007) e l’avvento dei labour tramontato con la guerra in Iraq e poi l’avanzare dell’euroscetticismo, gli anni della Brexit, quando a seguito di un referendum il Regno Unito decide di uscire dall’Unione Europea, quelli del Covid, fino all’ultimo impegno istituzionale, quando due giorni prima della morte, nella residenza di Balmoral in Scozia, incarica premier Liz Truss, dopo le dimissioni di Boris Johnson.
Le vicende della famiglia reale e il divorzio tra Carlo e Diana
Nella sua lunga vita da regina, Elisabetta, 4 figli e una miriade di nipoti, è chiamata a gestire anche alcune inevitabili turbolenze familiari, di routine in ogni famiglia, ma complicate per quelle reali.
Prima tra tutte quella che più appassiona i media mondiali, il divorzio tra il principe Carlo e sua moglie, Diana Spencer, che nel 1992 si separano.
Le rivelazioni che accompagnano la storia, la morte di Diana un anno dopo il divorzio, la presenza di Camilla rivale della principessa bella e triste. Le tifoserie pro e contro dividono il popolo inglese e non solo per le vicende di una fiaba divenuta realtà, fanno traballare la monarchia ma non la fiducia nella sua regina che, compreso l’amore della comunità di sudditi nei confronti di Lady D, a seguito della morte coglie l’opportunità per esprimerle ammirazione. Sente l’umore del suo popolo e lo asseconda, d’accordo o no. Un primo assaggio della gratitudine degli inglesi per quell’evento e per l’intera sua condotta da regina emerge in occasione dei festeggiamenti ufficiali del Giubileo di platino nel giugno 2022.
È una grande festa in cui migliaia di persone arrivano a Londra per festeggiarla e un fiume di folla le tributa canti e sfilate. Anche nei lunghi giorni che hanno preceduto il funerale di stato e poi nel giorno in cui viene celebrato, le file per l’ultimo saluto, i centinaia di mazzi di fiori agli angoli delle strade, i messaggi pubblici e privati, il popolo inglese dimostra grande attaccamento a questa donna schiva e fredda che, invece, è riuscita ad entrare nei loro cuori.
Tutti i colori della Regina
I lineamenti severi, il carattere riservato e i doveri del protocollo hanno fatto di Elisabetta II una donna la cui austerità è stata in parte mitigata da un abbigliamento sempre colorato, cappellini di fiori in seta dalle forme più diverse. Al braccio l’immancabile borsetta, le spille vistose appuntate alla giacca l’hanno resa iconica.
I tailleurs di ogni possibile tonalità di colore erano rigorosamente dieci centimetri sotto il ginocchio.
A questi sua Maestà abbinava cappellini dello stesso colore, più o meno ricchi di fiori e applicazioni e sempre elegantissimi. Pare che nel suo guardaroba se ne contassero 5000. Il colore degli abiti, così come quello del copricapo, era deciso in base all’importanza degli appuntamenti ufficiali e sulla giacca, a sinistra, erano spesso appuntate preziosissime spille. Al collo, il triplo giro di perle.
E poi le iconiche borsette. Ne possedeva circa 400, la maggior parte delle quali firmate dal pellettiere Sam Launer, l’ultima fu creata per lei in occasione del settantesimo del regno.
Per la regina la borsetta non era solo un irrinunciabile accessorio di abbigliamento, come per ogni donna. Secondo i biografi inglese rappresentava anche un codice segreto con cui Queen Elizabeth comunicava con il proprio staff. Così, se la poggiava a terra significava che la conversazione non era interessante e doveva essere tolta dall’impaccio.
Nelle occasioni conviviali, quando la regina appoggiava la borsetta sul tavolo, significava che il pranzo o la cena dovevano terminare; se la spostava da un braccio all’altro l’interlocutore la stava facendo troppo lunga e la conversazione stava diventando noiosa.
Se, invece, la teneva nella mano sinistra e aveva i guanti nella mano opposta era vietato disturbare: la conversazione era di grande importanza.
“È sempre stato facile odiare e distruggere. Costruire e amare è molto più difficile”
Regina Elisabetta II (discorso di Natale, 25 dicembre 1957)