Jannik Sinner
Quando avrà appeso la racchetta al chiodo, al termine di una carriera che si preannuncia straordinaria, Jannik Sinner ricorderà con particolare trasporto emotivo quanto accaduto (o meglio, compiuto) nel novembre 2023: cavalcata sino alla fine delle ATP Finals e trionfo con l’Italia in coppa Davis, atteso da 47 lunghissimi anni.
tratto da PiùMe Magazine n. 1 gennaio 2024 p. 67 a cura di Gabriele Noli
Una doppia impresa sportiva con cui ha riscritto la storia personale e del tennis azzurro, che in lui ha trovato un fuoriclasse assoluto. Alberto Tomba si è esposto senza indugi: “Jannik Sinner è entrato nel nostro ristretto club, quello formato da me, Federica Pellegrini e Valentino Rossi”, ovvero le leggende dello sport italiano.
Lui, il giovane prodigio della racchetta, ha fatto sfoggio di umiltà, sconfinata come il suo talento. “Tomba e Rossi, nello sci e nel motociclismo, sono stati di un altro livello. Il paragone con loro è ancora un po’ troppo precoce: hanno vinto più di me e avuto una carriera più lunga, io ho solo 22 anni”. Il tempo è tutto dalla parte di questo ragazzo, che proprio come gli altri campioni sopracitati ha tenuto milioni di italiani incollati alla televisione, pure quelli che con il tennis hanno una confidenza minima se non addirittura nulla, facendoli appassionare, sperare e sognare.
Qualsiasi elogio non può risultare eccessivo per un giocatore capace di sconfiggere “Sua Maestà” Novak Djokovic per ben 3 volte in meno di due settimane: la prima nella fase a gironi delle Atp Finals, il torneo di chiusura della stagione tennistica disputato al Pala Alpitour di Torino. Il serbo si sarebbe preso la rivincita in finale, aggiudicandosi il titolo. Quella sconfitta comunque non ha minimamente intaccato le certezze di Sinner, che la settimana seguente a Malaga (Spagna) ha trascinato l’Italia alla conquista della Coppa Davis: dopo il successo ai quarti sull’Olanda, nella semifinale contro la Serbia Jannik si è reso artefice di un autentico capolavoro. È proprio in quest’occasione che ha superato per altre due volte Djokovic: la prima in singolare, riuscendo ad annullargli incredibilmente 3 match point per poi imporsi grazie a un’impressionante forza mentale, la seconda in coppia con Lorenzo Sonego nel doppio che ha spalancato agli azzurri le porte della finale dominata l’indomani con l’Australia. E a ottenere l’ultimo punto ci ha pensato proprio Jannik, regolando Alex De Minaur.
La festa ha potuto così avere inizio: è stata lunga, meritata e goduta, condivisa con i compagni di squadra (Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego, Matteo Arnaldi, Simone Bolelli, oltre all’infortunato Matteo Berrettini), il capitano (Filippo Volandri) e con una nazione intera che da quasi mezzo secolo aspettava di rivivere un momento simile a quello del 1976, quando l’Italia (di Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, Antonio Zugarelli e del capitano Nicola Pietrangeli) mise le mani per la prima volta sulla Coppa Davis. Nel 2023 Sinner ha confermato la sua crescita
esponenziale certificata dai risultati e dalla posizione numero 4 nella classifica Atp, eguagliando proprio Panatta come miglior italiano dell’era Open. Nel 2024 Sinner è destinato a salire ancora. Quanto? Moltissimi addetti ai lavori prevedono per lui un futuro da leader del tennis mondiale. Lo stesso Djokovic, leggenda vivente di questo sport, ha ammesso che resterebbe sorpreso se ciò non accadesse. Non c’è alcun rischio che questa investitura, come le altre ricevute in abbondanza negli ultimi mesi, possa generare presunzione nell’animo di un atleta che ha dimostrato una maturità
impressionante, se rapportata alla sua età. Ha infatti la capacità straordinaria di non lasciarsi condizionare dagli elogi e neppure dalle critiche, che non gli sono state risparmiate quando i risultati erano al di sotto di aspettative, elevatissime.
“Devo migliorare ancora. Ogni giorno mi impegno al massimo per riuscirci”. È solo una delle frasi ripetuta come un mantra da Sinner ogni volta che si trova a commentare una partita, vinta (come accade spesso) o persa, fa poca differenza: parole che rispecchiano la mentalità, quella sì vincente, di un ragazzo che ha assorbito la cultura del lavoro e della disciplina trasmessa dai giocatori. “Non mi vedrete mai tirare in terra una racchetta, è lo strumento del mio lavoro, devo averne rispetto e cura: ci sono persone che neppure se la possono permettere”, ha raccontato in passato a riprova delle sue qualità morali che né la celebrità né i soldi hanno messo in discussione. Sinner ha ammesso di essere rimasto se stesso, anche ora che è considerato una star mondiale. A lui le luci della ribalta non interessano: la mente è rivolta esclusivamente su ciò che occorre fare per raggiungere l’eccellenza.
D’altronde, il palmarès parla chiaro: 10 tornei in bacheca (Un Masters 1000, tre Atp 500 e sei Atp 250) sono una quantità considerevole per un tennista che già a 17 anni aveva fatto il suo ingresso nella classifica mondiale, collezionando un numero crescente di apparizioni nei tornei del circuito professionistico, destando di conseguenza un certo clamore tra gli appassionati. Una (bella) storia fatta di perseveranza e scelte coraggiose, quella di Jannik Sinner, nato nell’agosto 2001 a San Candido, un paesino dell’Alta Val Pusteria di neppure 2mila abitanti. Che avesse un talento speciale per lo sport in generale lo si era ben presto intuito: ad appena 3 anni aveva già messo gli sci ai piedi e imbracciato la prima racchetta. A 7 si era aggiudicato il Trofeo Topolino, prestigiosa gara sciistica vinta in passato anche da Alberto Tomba. Discipline praticate in parallelo fino a 13 anni (all’elenco si può aggiungere anche il calcio, sebbene con una rilevanza marginale), il momento in cui Jannik ha preso la decisione (giusta) che gli avrebbe cambiato la vita: lasciare l’Alto Adige (e con esso lo sci) per inseguire il sogno di diventare un tennista professionista, approdando all’accademia del coach Riccardo Piatti, a Bordighera. Fu Massimo Sartori a segnalargli quel ragazzo dalle qualità impressionanti. Nella crescita di Sinner i genitori hanno avuto un ruolo fondamentale: mamma Siglinde e papà Hanspeter lo hanno sempre supportato (da vicino e a distanza) senza mai essere invadenti: non a caso, di loro si fatica a trovare interviste.
Caparbio e conservare sangue freddo anche nei momenti di massima tensione, Sinner non è solito adagiarsi nella comfort zone. Nel 2022 la separazione dallo storico coach Piatti a molti poteva sembrare un azzardo, ma non per lui, che con Simone Vagnozzi (la nuova guida tecnica) ha instaurato uno straordinario feeling, tennistico e non. Al suo fianco, il supercoach Darren Cahill (in passato ha seguito anche Andre Agassi): un team affiatato, completato da un fisioterapista e un preparatore atletico, grazie al quale Sinner riesce ad esprimersi su altissimi livelli. Per merito del suo status di campione internazionale, ha attirato le attenzioni di svariati brand (italiani ed esteri) di cui è divenuto testimonial. Pure il seguito sui social è in costante aumento, con un autentico boom di follower generato durante e nei giorni successivi alle Atp Finals.
Per scelta e necessità, il tempo concesso alle distrazioni è minimo, tra partite, allenamenti, spostamenti, incontri coi media e con gli sponsor. I (pochi) gossip circolati sul suo conto comunque non lo hanno distratto. Sinner è riuscito a far parlare di sé quasi esclusivamente per le performance sul campo, mai per atteggiamenti fuori posto o polemiche. Anche questo contribuisce a definire il profilo di un campione che se ancora non è sullo stesso piano di Rossi, Tomba e Pellegrini, un giorno lo diventerà.