Ezio Bosso
Ci sono artisti che hanno una vitalità così intensa da rapirti
l’anima. Ezio Bosso, pianista, direttore d’orchestra, poeta, era uno
di questi. Amava la musica e riusciva a interpretarla con talmente
tanta forza da farti dimenticare e dimenticarsi lui stesso della
malattia che gli dava il tormento da anni.
tratto da IperSoap Magazine n. 7 luglio 2020 p. 44, a cura di Lara Venè
Quella musica che lo ha folgorato fin da bambino e poi lo ha accompagnato per tutta la vita e non lo ha lasciato mai, fino al periodo più buio. Il grande incontro con le note comincia con il pianoforte, quando ha appena quattro anni. Non sa ancora scrivere, Ezio Bosso, e probabilmente neppure leggere, ma per capire il piano questo importava davvero poco. Complice un fratello musicista e una prozia pianista, l’attrazione per il piano è nata e nessuno l’avrebbe mai più potuta fermare.
E’ un bambino di una normale famiglia torinese che vive a Borgo San Donato, quartiere della città dove, racconterà quando già è diventato famoso, l’unica ad essere torinese era la sua famiglia. Non è figlio d’arte, il padre fa l’operaio nella città più industriale d’Italia. Eppure la passione preme ed Ezio, ancora bambino, comincia a prendere lezioni di piano. Insegue un sogno e probabilmente le aspettative, magari non le sue personali, ma quelle dell’ambiente familiare, sono scarse perchè fare il musicista o addirittura il direttore d’orchestra è una strada lunga e difficile per chi non “c’è dentro” e non frequenta l’ambiente. Ma Ezio Bosso coltiva la sua passione. E il talento, la grande determinazione e la voglia di suonare faranno poi il resto.
A Torino frequenta il Conservatorio “Giuseppe Verdi” e le sue capacità colpiscono pure John Cage, uno dei più importanti compositori e teorici musicali del ‘900. E’ il 1984 e John Cage si trova in Italia, proprio presso il conservatorio dove Bosso studia e sta frequentando una lezione di contrabbasso.
“A me sembra bravo, perchè grida?”
Ezio Bosso sta assistendo alla lezione di contrabbasso con un maestro che, racconterà, era incline a scatti d’ira e modi aggressivi. E’ in uno di quei momenti che John Cage entra in aula e assiste alla scena. Ma intuisce che l’esecuzione di Bosso non sia da rimproverare. Si incuriosice e chiede di ascoltarla di nuovo: aveva sentito bene! E allora, rivolto all’insegnante iracondo, Cage pronuncia quella frase diventata famosa: “A me sembra bravo, perchè urla?”. Un attestato di stima e comprensione che il direttore d’orchestra torinese non avrebbe dimenticato e che ripagherà anni dopo dedicando a Cage “Dreaming Tears in a crystal cage”, una delle sue composizioni più belle.
Nella band degli Statuto
Durante quegli anni del Conservatorio Bosso conosce Oscar Giammarinaro, leader e cantante degli “Statuto”, la nota band torinese che nacque nel 1983 dall’omonima piazza torinese, abituale punto di ritrovo dei Mods. Bosso entra nel gruppo come bassista con il nome d’arte di Xico. E’ il 1986, ma ci rimarrà solo un anno e mezzo: “aveva troppo talento da esprimere per rimanere in una band underground” avrebbe detto anni dopo lo stesso Giammarinaro ad un quotidiano sportivo torinese.
Aveva ragione, da lì a poco per Bosso sarebbe stato il grande esordio come compositore e solista. Che arriva a 16 anni. Non nella sua città, ma nella vicinissima Francia. La strada ormai è intrapresa e il pianista torinese comincia a girare le orchestre europee.
L’incontro con Streicher
Nella vita di ognuno di noi ci sono sempre incontri fatali, che cambiano il corso delle cose. In quella di Ezio Bosso questo momento arriva quando incontra Ludwig Streicher, contrabassista austriaco, conosciuto ai più come l’ex basso principale dell’Orchestra Filarmonica di Vienna. Un incontro che lo porterà a studiare Composizione e Direzione d’Orchestra all’Accademia di Vienna.
Vive e studia nella città tempio della musica e da qui ha inizio la sua carriera che lo conduce a dirigere orchestre prestigiose come quella del Teatro Regio di Torino e della London Simphony, l’Orchestra dell’Accademia della Scala. Magistrali alcune sue esecuzioni, soprattutto quando si tratta di dirigere Beethoven di cui si sente il “figlio spirituale”
Ma Ezio Bozzo è anche compositore. Compone musica classica e colonne sonore per il cinema, per il teatro e per la danza. Molte istituzioni operistiche gli commissionano musica: il Royal Opera House, New York City Ballet, San Francisco Ballet, Teatro Bolshoij di Mosca solo per citarne alcune. Gli commissionano musiche i coreografi di danza Christopher Wheeldon, Edwaard Lliang o Rafael Bonchela. E poi, compone per il teatro per registi come James Thierrée.
Infine, sua è la musica, tra gli altri, di “Io non ho paura” (per cui ricceve il Davidi di Donatello) e “Quo vadis Baby?” di Salvatores, e di Rosso come il cielo di Bortone. Per il teatro compone per registi come James Thierrèe e la danza (per coreografi come Rafael).
Si divide tra l’Europa e l’America, Ezio Bosso e il linguaggio della musica rende la cosa naturale.
Nel 2003 vince il Premio Flaiano d’oro, prestigioso a livello internazionale. Bosso ha 32 anni e quel premio sarà il primo di molti altri importanti riconoscimenti.
Il Festival di San Remo e la malattia
Ma il grande pubblico conoscerà la sua forza e la sua bravura solo nel 2016 quando si esibisce al Festival di Sanremo come ospite d’onore. E’ la seconda serata dell’edizione condotta da Carlo Conti e sul palco dell’Ariston va in scena un’esplosione di emozioni che si trasformano in commozione pura. Il pubblico ne è travolto. Un successo meritato, ma arrivato troppo tardi per chi da tempo conosceva e apprezzava il suo talento.
Quando sale sul palco Ezio Bosso è già malato e la sua disabilità è evidente. E’ colpa di quella malattia degenerativa apparsa nella sua vita alla soglia dei 40 anni, che prima lo ha costretto sua una sedia a rotelle, poi lo ha consumato, piano piano, fino a portarselo e portacelo via.
Torino adesso sta pensando di intitolare una strada alla sua memoria. “La scelta a mio avviso – sostiene l’amico di sempre Giammarinaro – non può che ricadere sui giardini davanti a Palazzo Paravia in piazza Statuto 18. E’ lì che Ezio ha condiviso i suoi sogni con noi”.