Luigi Tenco
Passione, tanto talento e quasi ragione di
vita. Per Luigi Tenco la musica è stata tutto
questo e forse molto di più se a soli 28 anni, al
termine di un’edizione del Festival di Sanremo
andata male, decise di farla finita.
tratto da PiùMe Magazine n. 2 Febbraio 2022 p. 40, a cura di Lara Venè
Non era il Festival che conosciamo oggi e quello fu un episodio che segnò a lungo l’appuntamento più atteso della canzone italiana. Chissà quanto e cosa avrebbe potuto dare alla musica lui che, considerato da molti uno dei più significativi cantautori italiani, ha contribuito a cambiarla nonostante la giovane età.
La madre insiste nel farlo studiare, affidandolo anche alle ripetizioni di una maestra privata ma Luigi Tenco scopre il pianoforte per il quale dimostra una predisposizione naturale. Poi suonerà anche chitarra, clarinetto e sassofono. Sempre la madre lo immagina ingegnere o insegnante di matematica per le sue doti straordinarie in quelle materie, ma lui no, il suo cuore batte per la musica. E a sua madre che l’aveva cresciuto da sola, nel timore di averla delusa, più tardi, nel 1965, dedicherà la bellissima struggente canzone Vedrai, vedrai.
Tenco vive a Genova e lì, siamo nei primi anni Cinquanta, fonda e frequenta diversi gruppi musicali in cui ha modo di incontrare Bruno Lauzi, poi più tardi, Fabrizio De André di cui diventa amico. Nel 1957 scrive la sua prima canzone per il Trio Garibaldi (composto dallo stesso Tenco voce, Ruggero Coppola alla batteria e Minerbi al pianoforte). L’anno dopo si forma il gruppo I Diavoli del Rock, con Graziano Grassi, soprannominato Roy, alla batteria, e Gino Paoli alla chitarra.
La scuola genovese
A partire dagli anni Sessanta il capoluogo ligure diventa il centro della musica d’autore italiana. Nasce qui, in quegli anni, la cosiddetta scuola genovese, un vero e proprio movimento culturale musicale di cui Luigi Tenco fa parte, accanto a grandi autori come Umberto Bindi, Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli, Giorgio Calabrese. La scuola genovese ha il merito di rompere con la canzone tradizionale italiana e aprirsi a mondi diversi, dando voce ai temi esistenziali, a quelli dell’emarginazione, alla guerra, alle rivendicazioni sociali e ideologiche.
Tra Genova e Milano
In quegli anni il giovane Tenco si divide tra Genova e Milano dove l’amico Piero Ciampi lo introduce come session man alle registrazioni di La tua mano di Gino Paoli e Se qualcuno ti dirà di Ornella Vanoni. Nel capoluogo lombardo frequenta, canta e si esibisce, tra gli altri, con Gino Paoli, Sergio Endrigo, Bruno Lauzi. Ottiene un contratto discografico con la Dischi Ricordi ed esordisce nel 1959 col gruppo I Cavalieri del quale facevano parte Gian Franco Reverberi, Paolo Tomelleri, Enzo Jannacci e Nando de Luca.
All’estero e poi il primo 33 giri
Nell’estate 1961, Tenco parte per la sua prima tournée in Germania, in compagnia di Paolo Tomelleri, Gian Franco Reverberi, Giorgio Gaber e Adriano Celentano. Lo stesso autunno esce I miei giorni perduti il suo primo 45 giri, inciso come solista. L’anno dopo è al cinema con il film La cuccagna, di Luciano Salce in cui canta il brano La ballata dell’eroe, composta dall’amico De André. Nello stesso anno esce il suo primo 33 giri. All’interno ci sono successi quali Mi sono innamorato di te, Angela, Cara maestra che però incappa nella Commissione per la censura.
La censura causa il suo allontanamento dalle trasmissioni RAI per due anni. Sempre la censura, due anni dopo, boccia anche i brani Io sì e Una brava ragazza.
Nel 1966 Tenco si trasferisce a Roma dove firma un contratto con la RCA Italiana. Qui incide il brano Un giorno dopo l’altro, che diventa la sigla dello sceneggiato televisivo Il commissario Maigret. In questo periodo conosce diversi successi: Lontano, lontano, Uno di questi giorni ti sposerò, E se ci diranno, Ognuno è libero. Nella capitale incontra la cantante italo-francese Dalida (al secolo Iolanda Cristina Gigliotti) e con lei, nel 1967, partecipa all’edizione numero XVII del Festival di Sanremo segnata per sempre dal suo suicidio.
Ciao amore ciao
Tenco e Dalida sono in gara con Ciao amore ciao, cantata, come si usava a quel tempo, da due artisti separatamente. Tenco ne scrive personalmente il testo. Il brano aveva inizialmente un altro testo e un altro titolo, Tenco decise di modificare le parole originali di tono antimilitarista per non incorrere ancora una volta nella censura: la canzone parlava, infatti, di alcuni soldati che partivano per la guerra e riprendeva in parte i versi de La spigolatrice di Sapri, poesia di Luigi Mercantini sulla sfortunata spedizione di Sapri di Carlo Pisacane.
Il brano che poi invece viene presentato al Festival è una canzone d’amore sul dramma dell’Italia contadina costretta a urbanizzarsi.
E’ una serata no per lui, l’esibizione è lenta, pare a causa dell’assunzione di un farmaco e un alcolico. La canzone, comunque, non viene apprezzata dalle giurie, Tenco non viene ammesso alla serata finale e si classifica al dodicesimo posto.
Fallisce anche il ripescaggio, e lui viene preso dallo sconforto. Quello che accade dopo che al cantautore viene riferito il verdetto della giuria rimane confuso e la ricostruzione frammentata. Pare che Tenco, dopo l’esibizione, tornato nella sua stanza all’hotel Savoy di Sanremo, abbia telefonato a Valeria con la quale pare avesse una relazione da qualche anno. La telefonata è stata lunga e termina all’una di notte del 27 gennaio. Un’ora dopo il corpo di Tenco viene ritrovato senza vita.
E’ la stessa Valeria che, molto tempo dopo, nel 2002, rivelerà che il cantante, quella fatidica notte le rivelò il desiderio di denunciare il sistema di scommesse clandestine che incombevano sul Festival, facendo nomi e cognomi. E, sempre in quella telefonata, avrebbe espresso il desiderio di dire tutto in una conferenza stampa che aveva in animo di convocare per il giorno successivo. La conferenza stampa naturalmente non ci fu e il fatto è stato avvolto nel mistero per molti anni.
L’unica cosa certa il congedo dal mondo dei suoi fans, della musica e dal Festival più popolare della canzone italiana che da quella notte non sarebbe stato più lo stesso: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.”
Dal 1974, in suo onore, al Teatro Ariston di Sanremo, fu istituito, dallo stesso Club, il Premio Tenco, manifestazione a cui partecipano, ancor oggi, i più grandi cantautori degli ultimi decenni.