ATTENZIONE ALLA PLASTICA NEL MEDITERRANEO: ENTRO IL 2050
SARA’ SUPERIORE ALLA QUANTITÀ DI PESCI
Ogni anno finiscono negli oceani circa 150
milioni di tonnellate di plastica.
Solo nel Mediterraneo ne arrivano 570 mila
tonnellate, l’equivalente di 33.800 bottigliette
gettate in mare ogni minuto. Un’enormità.
tratto da PiùMe Magazine n. 8 Agosto 2022 p. 32 a cura di Lara Venè
Un dato che diventa ancora più impressionante se si pensa al tempo che occorre perché la plastica arrivi a decomporsi. Si calcola, infatti, che occorra da un minimo di 100 ad un massimo di 1.300 anni.
In pratica, un rifiuto buttato oggi potremmo trovarlo intatto tra centinaia di anni. La dimostrazione arriva da diversi singolari “cimeli” riuniti in un altrettanto singolare museo che raccoglie pezzi dell’archeologia delle nostre cattive abitudini, riflettendo visivamente tutte le nostre colpe nei confronti dell’ambiente.
Il Museo Archeoplastica
Creme abbronzanti, flaconi di shampoo, cibo, sacchetti di patatine, persino il pallone di Italia ‘90. Questo e molto altro è possibile trovare in Archeoplastica, un’esposizione on line (www.archeoplastica.it), ma anche fisica e itinerante, di materiale plastico ritrovato nelle spiagge italiane.
In tutto oltre 200 reperti databili tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, alcuni che riportano ben in evidenza la scritta in lire. Si trovano pezzi che rimandano a vecchie pubblicità, che hanno mantenuto i colori originari e raccontano usi e costumi del paese negli anni. Solo che sono stati rinvenuti dove non avrebbero proprio dovuto stare.
Archeoplastica è un modo creativo per richiamare l’attenzione sull’inquinamento di plastica nei mari, che nasce da un’idea originale di Enzo Suma, guida naturalistica ad Ostuni. Qualche anno fa Enzo compie il suo primo ritrovamento, scatta la foto e la posta su Facebook: “Quando pubblicai la foto su facebook – racconta – scoprii lo stupore della gente nel vedere un prodotto così vecchio ancora in buono stato tra i rifiuti in spiaggia”.
Ne derivarono commenti e riflessioni attorno al problema. “Da quell’episodio ho iniziato a raccogliere sempre di più e a mettere da parte tutti i prodotti vintage di un’età variabile dai trenta ai sessant’anni. Ho imparato a riconoscerli e oggi ne ho raccolti oltre 200”.
Dal 2018 Suma, con la sua associazione Millenari di Puglia, una realtà dell’alto Salento volta alla valorizzazione del territorio e all’educazione ambientale, è impegnato attivamente nella sensibilizzazione sul tema dell’inquinamento da plastica e organizza diverse giornate di raccolta collettiva alla quale partecipano sempre numerose persone.
Come finisce la plastica in mare?
Secondo il report Wwf “Inquinamento da plastica negli Oceani: impatti su specie, biodiversità”, fonte principale di immissione della plastica in mare sono le attività costiere e una gestione inefficiente dei rifiuti, che peggiora in estate per l’aumento del turismo e delle attività ricreative.
Seguono poi le attività economiche che con pesca, acquacoltura e navigazione disperdono nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce.
L’Europa, secondo maggior produttore di plastica dopo la Cina, rilascia ogni anno 307-925 milioni di rifiuti nei mari, di cui l’82% è plastica. Il Mediterraneo fa registrare un triste primato.
Plastiche e microplastiche nel Mare Nostrum
Quando la plastica entra in mare segue un processo di frammentazione: le macroplastiche diventano microplastiche che a loro volta diventano nanoplastiche, rendendo praticamente impossibile il loro recupero.
La microplastica viene prodotta dalla frantumazione della plastica galleggiante causata dal moto ondoso, dall’attrito con le rocce e dall’azione dei raggi UV del sole.
Il Mediterraneo é l’ecosistema più minacciato al mondo dalle microplastiche: sui suoi fondali si registrano i livelli di microplastiche fino a 1,9 milioni di frammenti su una superficie di un solo metro quadrato. Valori mai registrati prima.
Dal mare al piatto
Almeno 116 specie animali che vivono nel Mediterraneo hanno ingerito plastica: il primato ( 59%) spetta ai pesci ossei, molti come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni. Il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe e uccelli.
Il Report del Wwf denuncia che l’assunzione annuale di microplastiche da parte dell’essere umano attraverso il consumo di animali marini è di circa 53 mila microplastiche: fino a 27 mila microplastiche dai molluschi, fino a 17 mila dai crostacei e fino a 8mila dai pesci.
Il futuro
Alcuni studi hanno dimostrano che se non ci sarà un veloce miglioramento nella gestione dei rifiuti a livello mondiale, la quantità di plastica nei nostri mari sarà incrementata di dieci volte entro il 2025. E, se questo trend non verrà interrotto, entro il 2050 negli oceani ci saranno più plastiche che pesci.
Ognuno di noi può fare qualcosa per salvare il Mediterraneo
Se è vero che l’inversione di rotta può essere raggiunta con decisioni che cambino la filiera produttiva, sostituendo i prodotti plastici con prodotti realizzati con materiali alternativi o in plastica riciclata e potenzino la raccolta e il riciclo dei prodotti plastici, ognuno di noi può fare qualcosa.
Secondo il wwf basterebbe un impegno individuale su uno smaltimento corretto dei rifiuti plastici, insieme a comportamenti che possono ridurre il consumo di plastica.