Paul Newman
Gli occhi magnetici e penetranti e il volto di una bellezza perfetta hanno fatto di lui un autentico sex-symbol.
Ma sono stati il talento e le sapienti interpretazioni in pellicole diventate cult a renderlo quell’attore di fama internazionale che conosciamo, vincitore di diversi premi e riconoscimenti: tre Oscar, sette Golden Globe e un Emmy Award solo per citarne alcuni.
tratto da PiùMe Magazine n. 6 Giugno 2023 p. 36 a cura di Lara Venè
L’esordio sul grande schermo non è dei migliori. Nel 1954, all’età di 29 anni, ne Il calice d’argento diretto da Victor Saville. Due anni dopo però arriva il riscatto con Lassù qualcuno mi ama di Robert Wise nei panni del celebre pugile Rocky Graziano, parte che era stata affidata a James Dean prematuramente scomparso qualche mese prima.
Tra la fine degli anni cinquanta e la metà degli anni settanta è protagonista di alcuni fra i più grandi successi della storia di Hollywood. Nel 1958 è con Elizabeth Taylor ne La gatta sul tetto che scotta diretto da Richard Brooks, tratto dall’omonimo dramma teatrale di Tennessee Williams, due anni dopo in Exodus diretto da Otto Preminger è Ari Ben Canaan, membro dell’Haganah, uno dei profughi senza una patria a cui fare ritorno.
Il 1961 è la volta de Lo spaccone diretto da Robert Rossen, tratto dal romanzo omonimo di Walter Tevis e interpretato accanto a George C. Scott, Jackie Gleason e Piper Laurie.
Un film straordinario annoverato tra i film più belli della storia del cinema americano. Paul Newman veste i panni di Eddie Felson, soprannominato “Eddy Lo svelto” per la sua abilità nel giocare a biliardo. Eddie è consapevole del suo talento, si comporta come uno “spaccone” e punta sempre più in alto, fino a sfidare nella famosa Sala Ames “Minnesota Fats”, conosciuto nell’ambiente con la fama di giocatore imbattibile. Dopo una prima sconfitta Eddy Lo svelto che gioca con abilità, cuore e determinazione riuscirà a sconfiggere “Minnesota Fats”, imbattuto da oltre vent’anni. Il film si aggiudica diversi riconoscimenti e due premi Oscar.
Nel 1963 esce Hud il selvaggio diretto da Martin RittI e di Intrigo a Stoccolma di Mark Robson. Tre anni dopo lo vediamo ne Il sipario strappato diretto da Alfred Hitchcock e nel 1967 è Nick, in Nick mano fredda diretto da Stuart Rosenberg. Poi veste i panni del rapinatore Butch Cassidy nel film omonimo diretto da George Roy Hill (1969).
Sono tutti ruoli da uomo duro i suoi, l’ambizioso e gradasso Eddy, ne Lo spaccone, l’arrogante ed egocentrico Hud in Hud il selvaggio, il recluso ribelle e ammirato dai compagni per il coraggio in Nick mano fredda, il fuorilegge e rapinatore in Butch Cassidy, ruoli dietro cui si nasconde la fragilità umana, la difficoltà di vivere inseriti, la solitudine e la prepotenza degli emarginati, che Paul Newman riesce sempre a far emergere nei suoi personaggi. Il 1973 è l’anno de La stangata di George Roy Hill, altro film memorabile, in cui Newman recita accanto a Robert Redford.
Una trama geniale, ricca di colpi di scena con molti attori di talento come Charles Durning, gli valgono 7 premi Oscar tra cui quello al miglior film. L’anno dopo è nel colossal L’inferno di cristallo diretto da John Guillermin con Steve McQueen ma anche William Holden, Fred Astaire, Jennifer Jones e nel 1979 in nel film di fantascienza Quintet diretto da Robert Altman.
Finalmente…gli Oscar
Dopo sette nominations per le sue interpretazioni nei film precedenti, finalmente, nel 1986 ottiene un Oscar onorario “per le sue molte e memorabili interpretazioni sullo schermo, per la sua integrità personale e per la sua dedizione all’arte”. L’anno dopo invece ottiene la statuetta come miglior attore protagonista per la sua interpretazione nel film di Martin Scorsese, Il Colore dei Soldi sequel, a venticinque anni di distanza, de Lo spaccone. Questa volta recita con Tom Cruise, alias Vincent Lauria talentuoso giocatore di biliardo che riecheggia le qualità di Eddy Lo svelto, qui ormai lontano dal tavolo da gioco e procacciatore di alcolici.
A Il Colore di soldi seguono altri film e altri premi: nel 1994 Newman veste i panni del cinico industriale in Mister Hula Hoop dei fratelli Coen e l’anno dopo vince l’Orso d’argento al Festival di Berlino per La vita a modo mio di Robert Benton. Qui, per l’interpretazione del carpentiere Donald “Sully” Sullivan, ancora una volta riceve la nomination all’Oscar senza aggiudicarselo, come accaduto spesso in passato in altri ruoli e come accadrà, ironia della sorte, nella sua ultima apparizione cinematografica. Nel 1999 è con Kevin Costner ne Le parole che non ti ho detto di Luis Mandoki, mentre l’anno seguente lo troviamo in Per amore… dei soldi di Marek Kanievska, ancora nel ruolo del “cattivo” ladro di banche. Come nel suo ultimo film: Era mio padre (2002) di Sam Mendes, in cui Newman è il boss irlandese John Rooney, per cui lavora il gangester Michael “Mike” Sullivan interpretato da Tom Hanks.
Newman’s Own: il grande cuore dell’attore Paul
Paul Newmann che al grande schermo abbina anche interpretazioni in varie serie tv, si impegna in diverse campagne umanitarie e insieme allo sceneggiatore A.E. Hotchner crea una catena alimentare no profit, la Newman’s Own, e dei centri ricreativi per ragazzi affetti da tumori e gravi malattie del sangue. Per la sua intensa attività, l’Academy’s Board of Governors nel 1994 gli assegna il premio umanitario Jean Hersholt (Jean Hersholt Humanitarian Award), una particolare categoria dei premi Oscar assegnata per contributi eccezionali a cause umanitarie. È la sua terza statuetta.