Pasqua, le origini della festività
di Ugo Cirilli
La Pasqua del 2020 è una Pasqua diversa, mai così intima e privata come in questa necessaria clausura domestica. Non possiamo partecipare alle cerimonie religiose, non possiamo incontrare i parenti come da consuetudine.
Eppure, per chi crede, lo spirito di questa ricorrenza è sicuramente lo stesso di sempre.
Com’è nata l’usanza di celebrare la Pasqua?
La tradizione ebraica e quella cristiana
Nella tradizione degli ebrei la Pasqua ricorda la fuga attraverso il Mar Rosso e la conseguente liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Il termine “Pasqua” infatti deriva dalla parola ebraica “Pesach”, traducibile come “Passare oltre” o “passaggio”. È un riferimento all’episodio biblico in cui le acque del Mar Rosso si aprirono e si richiusero, permettendo al popolo di salvarsi dall’esercito del Faraone. Pare che la festività esistesse già in precedenza nella cultura ebraica, associata alle attività agricole e ai primi raccolti di stagione.
Nella tradizione cristiana la ricorrenza ha assunto una connotazione diversa: si celebra la Resurrezione di Gesù Cristo, che con il suo sacrificio sulla croce ha permesso il passaggio a una “vita nuova” per i fedeli.
Come mai la Pasqua che celebriamo è una “festa mobile”, ossia non cade sempre nella stessa data ogni anno? La ragione è dovuta a una decisione presa nel 325 d. C. nella città di Nicea, in Asia. Vi ebbe luogo il primo Concilio ecumenico cristiano, ossia una riunione di tutti i vescovi per trovare accordi su argomenti dibattuti, in materia di fede e morale. Venne stabilito che la Pasqua sarebbe stata celebrata nella prima domenica dopo il primo plenilunio, ossia la notte di Luna piena, di primavera.
Le fasi lunari hanno una durata di circa 29 giorni, quindi la loro successione non segue il calendario e ogni anno risulta variata.
Qual è invece l’origine dei noti simboli della Pasqua, come l’uovo e il ramoscello d’ulivo?
Un simbolo di rinascita
L’uomo è un simbolo di vita; per questo motivo, dal Medioevo è stato associato alla Pasqua cristiana, in cui evoca la Resurrezione di Gesù.
Anche in alcune antiche civiltà assumeva una valenza simbolica e spirituale: ad esempio tra i Persiani, che scambiavano uova per celebrare l’arrivo della bella stagione, il rinnovarsi del ciclo della vita.
Nel Medioevo divennero un dono pasquale, inizialmente per la servitù, poi per tutti i fedeli. Allora l’uovo veniva bollito assieme a foglie o fiori, perché assumesse una colorazione variegata. L’usanza divenne sempre più raffinata, fino alla creazione di uova artificiali in materiali preziosi, in uso tra gli aristocratici.
L’uovo dolce che conosciamo è un’invenzione italiana: nel 1725 la vedova Giambone, titolare di un’attività commerciale a Torino, provò a riempire di cioccolato alcuni gusci vuoti. L’idea ebbe subito un grande successo. Nella stessa città, negli anni ’20 del ‘900, l’azienda Casa Sartorio brevettò un sistema per creare forme di cioccolato cave, nelle quali inserire sorprese. Nacquero così le uova di Pasqua che sorprendono i bambini di oggi!
L’ulivo, la pianta della pace e della speranza
L’associazione tra questa pianta e la pace è molto remota. Già nell’antica Grecia si narrava che l’ulivo, creato dalla dea Atena, fosse particolarmente apprezzato da Zeus che volle farne un simbolo di concordia e speranza. Questo significato appare anche nella narrazione biblica: il ramoscello d’ulivo, portato da una colomba, è indicato come il segnale della fine del diluvio universale.
Secondo la tradizione cristiana la folla accolse trionfalmente Gesù a Gerusalemme sventolando rami di palma, nella “Domenica delle Palme” che precede la Pasqua. Nelle zone in cui le palme non erano spontanee, per celebrare questa ricorrenza vennero sostituite dai rami d’ulivo, che come abbiamo visto sono considerati simbolo di pace nella cristianità.
Anche quest’anno, come sempre, la Pasqua porterà con sé un messaggio di speranza e un invito alla riflessione, accentuato dalla situazione attuale. Tutti, non i solo credenti, possono fare tesoro delle parole di Papa Francesco: “Il dramma che stiamo attraversando ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto”.