Carlo Verdone
Torna in tv con la seconda stagione di “Vita da Carlo”
«Una volta mi suonano alla porta, apro, convinto che fosse il portiere e mi trovo cinque addetti dell’Enel, dico cinque, che entrano con il telefono in mano pronti a riprendere e mi chiedono: «È questa è la casa
del grande Carlo?».
tratto da PiùMe Magazine n. 11 novembre 2023 p. 80 a cura di Cloe D. Betti
Poi entrano in casa e continuano: «Ammazza che casa Carlè, ma sei sempre daa Roma?” Ecco queste cose mi capitano». Di racconti così Carlo Verdone ne ha a centinaia, tutti appuntati nel suo prezioso taccuino, una sorta di Bibbia delle sue parabole, con dettagli e particolari che il pubblico ha imparato a scoprire nella prima stagione di “Vita da Carlo”. Ma nella seconda, disponibile su Paramount +,
l’attore e regista ha fatto ancora di più, perché ha ridato vita ai suoi s t o r i c i personaggi, restituendo persino al mitico Fabris di “Compagni di scuola”, una sua dignità., oltre che una identità, «perché
mi dispiaceva molto per l’attore che ha passato una vita di inferno a dire che non era Fabris».
Sono tornati anche il Verdone di “Famolo strano” e la Jessica di “Viaggi di nozze”, così come il balletto in coppia con Christian De Sica, in omaggio a “Borotalco” e hanno debuttato in tanti, tra cui Maria
De Filippi, il suo pupillo di “Amici” Sangiovanni e Gabriele Muccino, tutti disposti a recitare se stessi.
«C’è un tono autobiografico più forte rispetto alla prima stagione – ha detto Verdone – Lì ero prestato alla politica, stavolta sono io che voglio fare un film d’autore tratto da un mio racconto». Un desiderio che Verdone accarezza da tempo nella sua vita vera. «Mi manca nella mia carriera un film d’autore – ha
confessato – E anche se considero d’autore film come “Un sacco bello” e “Compagni di scuola”, mi manc
un film dove posso raccontare una storia non necessariamente comica.
Spero che me lo facciano fare». Il cinema lo aspetta. «Dopo la terza stagione di “Vita da Carlo” di cui
abbiamo già scritto la sceneggiatura, farò un film, ce l’ho per contratto», garantisce l’attore, che ha chiarito: «Sono nato al cinema e al cinema finirò». Impossibile resistere al richiamo del grande schermo, anche se ultimamente non naviga in ottime acque. «La scorsa estate abbiamo assistito al successo di film stranieri come “Barbie” e “Oppenheimer”, ma interroghiamoci sul perché gli italiani non funzionano, non perché non si prendono a recitare attori italiani», ha sottolineato riferendosi alla polemica sollevata
da Pierfrancesco Favino, per la scelta di attori stranieri per i ruoli di italiani importanti come Gucci
e Ferrari. «Sono polemiche che lasciano il tempo che trovano, il regista è l’artefice del film, sceglie lui
il cast».
Nella serie c’è anche spazio per mettere in ridicolo il politicallycorrect imperante, che oggi
costringe a chiamare le prostitute “sexworkers”. «Siamo arrivati ad estremismi ridicoli, anche la cancel
culture è qualcosa di incredibile, ormai la Divina commedia e il David sono pornografia, fra poco
anche il crocifisso lo diventerà – ha dichiarato – E’ una moda americana che viene dal paese che
ha creato l’industria del porno, sono antirazzista, ma su altre cose si esagera, con questo sistema la nostra commedia anni ’60, compresa quelle di Alberto Sordi, andrebbe tutta buttata
al cesso».
In attesa di un nuovo film, è la televisione ad aver stregato Carlo, diventato quel che è oggi, non solo per meriti innegabili, ma anche per uno strano caso del destino.
«Da piccolo ero molto timido, vedevo mio padre che all’Università parlava davanti a duecento persone e mi chiedevo come facesse, poi la vita ha scelto per me – ha concluso – Un episodio ha significato tutto. Avevo affittato su consiglio di amici una piccola cantina per fare quei personaggi romani che sarebbero cresciuti nei due film “Un sacco bello” e “Bianco Rosso e Verdone”.
Facevo lì i miei spettacoli, ma al quinto giorno non c’era più nessuno, finché non si presentò un signore che mi chiese di fare lo spettacolo.
Lo feci, solo per lui, e il giorno dopo uscì su un giornale importante quale era allora Paese Sera una recensione che diceva: “E’ nato un nuovo Fregoli”. Da lì ho iniziato la mia carriera, mi chiamò Enzo Trapani, arrivò in tv “Non stop”, poi mi volle Sergio Leone. Se non avessi fatto quello show per un unico spettatore, oggi non sarei qui».