Come si riproducono gli animali
di Ugo Cirilli
Il titolo di questo articolo può suscitare qualche sorriso imbarazzato o malizioso, come avveniva affrontando l’argomento tra i banchi di scuola. Quando parliamo della riproduzione nel mondo animale, infatti, pensiamo soprattutto alla forma sessuata. Esiste però un’alternativa, con esseri viventi capaci di moltiplicarsi soltanto a partire dal proprio corpo.
Nella maggior parte degli animali, comunque, la riproduzione avviene tramite fecondazione della cellula riproduttiva femminile, l’ovulo, da parte della cellula riproduttiva maschile, lo spermatozoo. Anche in questo ambito esiste comunque una certa variabilità, poiché in alcune specie, come la maggior parte dei pesci, l’incontro tra le due cellule avviene nell’ambiente esterno, in tal caso in acqua. La femmina depone le uova, che vengono successivamente fecondate dal maschio. Per questo motivo, particolarmente importante si è rivelato il fossile di un piccolo pesce corazzato, vissuto circa 380 milioni di anni fa: il Microbrachius dicki. Sembra infatti che il maschio e la femmina avessero apparati riproduttivi finalizzati all’accoppiamento. Il Microbrachius dicki è considerato la prima testimonianza della riproduzione sessuata, ben prima dell’origine dei mammiferi. Un dato che sorprende, visto che i pesci sono tipicamente associati a un’altra modalità riproduttiva.
L’uovo
Oltre alla presenza o assenza dell’accoppiamento, le modalità di riproduzione sessuata differiscono anche per quanto riguarda lo sviluppo dell’embrione. Come sappiamo, infatti, alcuni animali depongono una o più uova (riproduzione ovipara), altri mettono alla luce direttamente i piccoli (riproduzione vivipara), altri ancora invece combinano le due modalità, nella forma detta ovovivipara. Quest’ultima, che riguarda pochi animali come gli squali, vede la formazione di un uovo che rimane però all’interno del corpo della madre, finché il piccolo non è completamente formato e può essere partorito.
Una riproduzione… asessuata
Veniamo adesso a una curiosità davvero sorprendente, la partenogenesi. Si tratta di una modalità riproduttiva in cui un animale porta avanti lo sviluppo della cellula uovo senza che questa sia stata fecondata.
Esistono specie che possono riprodursi sia tramite accoppiamento, sia per partenogenesi: ne è un esempio l’insetto stecco, presente anche in Italia. In Toscana, nelle Marche e in Emilia Romagna si moltiplica “in solitaria”, in alcune zone centro-meridionali invece in maniera anfigonica, ossia tramite la fecondazione della femmina da parte del maschio. Anche le api e gli squali hanno la stessa capacità di partenogenesi “facoltativa”.
Ci sono invece specie in cui questa forma riproduttiva è stata imposta dall’evoluzione, al punto da annullare la distinzione in due sessi. È il caso delle lucertole desertiche americane Aspidoscelis uniparens, che sono… tutte femmine. Curiosamente, per avviare la riproduzione hanno bisogno di uno stimolo esterno: simulare un accoppiamento con un altro esemplare. La partenogenesi, in cui la femmina arriva in pratica a clonarsi da sola, riguarda però soprattutto invertebrati.
Lo strano caso del gambero marmorizzato
Un caso davvero insolito è quello del gambero marmorizzato; ebbe origine da una sorprendente mutazione del gambero detto “slough” (Procambarus fallax). Nel 1995 un acquariofilo tedesco acquistò un esemplare di quest’ultima specie, durante una fiera. Quando lo portò nel proprio acquario, l’animale riuscì a riprodursi senza essersi accoppiato: aveva subito una mutazione naturale. Il proprietario regalò i nuovi gamberi ad alcuni amici appassionati. Anche quegli esemplari avevano acquisito la capacità di partenogenesi e si moltiplicavano autonomamente. Molti acquariofili si accorsero di aver accolto in casa questa nuova specie, e iniziarono a rilasciare i gamberi “di troppo” nei fiumi e nei laghi. Un gesto che ebbe conseguenze critiche, perché i gamberi marmorizzati, molto resistenti, hanno invaso ecosistemi di tutto il mondo mettendo a rischio altre specie. Basta pensare che un solo esemplare può “clonarsi” anche 200 volte in un anno!
L’ermafroditismo
Concludiamo questa panoramica del variegato mondo della riproduzione soffermandoci sull’ermafroditismo. Il termine indica la condizione delle specie in cui uno stesso esemplare genera, da solo, cellule riproduttive maschili e femminili. Se ciò avviene simultaneamente (ermafroditismo simultaneo), l’animale può essere in grado di riprodursi autonomamente. È il caso ad esempio del cirripede, un crostaceo. Altri invece cambiano sesso nel corso della loro vita, come l’orata: vive i suoi primi due anni da maschio, poi diventa femmina. La chiocciola è un’ermafrodita insufficiente; pur presentando entrambi gli apparati riproduttori, non può moltiplicarsi da sola. Necessita dell’accoppiamento, con il risultato che entrambi gli esemplari coinvolti vengono fecondati.
Nella sfida per la riproduzione delle varie specie, come abbiamo visto, la natura ha escogitato davvero una gran varietà di stratagemmi. L’ennesima dimostrazione della sua straordinaria complessità.
Questo articolo è un testo puramente informativo e non rappresenta in nessun modo prescrizioni o consigli medici.