5 animali che vivono tra le nevi
di Ugo Cirilli
Gli animali dimostrano capacità di adattamento spesso sorprendenti. Alcuni si sono evoluti per resistere a condizioni e ambienti estremi, come i paesaggi coperti dalle nevi dell’inverno. Ne sono un esempio le cinque specie di seguito, che dimostrano la versatilità della natura.
Volpe artica
Se parliamo di campioni di adattamento al freddo, non possiamo non citare la piccola volpe artica. Vive nel Circolo Polare Artico, in Nord Europa, Nord America e Canada e riesce a sopportare temperature incredibilmente rigide, fino a 50° sotto zero. L’aiuta una folta pelliccia che, oltre a scaldare l’animale, favorisce il mimetismo: cambia infatti colore a seconda della stagione. Dal bruno dei mesi caldi al bianco dell’inverno, alla tonalità quasi azzurra degli esemplari della Groenlandia, la volpe artica si confonde sempre nell’ambiente per sfuggire ai predatori e cacciare. Si ciba di lepri, uccelli, uova e roditori come i lemming. Queste volpi sono tendenzialmente monogame e si legano a un solo partner per crescere insieme i piccoli. A seconda della zona, però, le strutture sociali variano, con gruppi estesi e più partner. Sembra che questo aspetto dipenda anche dalla presenza dei predatori: in quei casi l’unione fa la forza… anche a costo di sacrificare la “fedeltà”.
Renna
Nell’iconografia delle festività natalizie, è l’animale che traina la slitta di Babbo Natale: come poteva non essere abituato al grande freddo? La renna è infatti originaria delle zone artiche dell’Europa, dell’Asia e dell’America. Nel suo habitat sopporta temperature che, nella notte, possono scendere a -30°. Tutto, nelle renne, permette uno straordinario adattamento: dalla pelliccia a due strati che trattiene il calore, alla capacità di vedere bene nell’oscurità. Sono infatti tra i pochi mammiferi a captare la luce ultravioletta. Il naso ha una particolare concentrazione di vasi sanguigni e riscalda l’aria gelida che viene inspirata.
Anche la dieta delle renne è ideale per sopravvivere in un ambiente poco “generoso”: possono digerire, uniche tra i mammiferi, i licheni, che d’inverno divengono il loro unico cibo. Insomma, Babbo Natale non poteva trovare “aiutanti” migliori per sfidare il buio e il freddo!
Orso polare
L’orso polare, presente al Polo Nord, è il più grande carnivoro della terraferma sul Pianeta assieme all’orso kodjak. Ha una pelliccia talmente isolante che, osservandolo di notte con una telecamera a infrarossi, solo il muso e le zampe rimangono visibili; il resto del corpo trattiene perfettamente il calore. Nonostante la stazza notevole, con il peso che nei maschi può raggiungere la tonnellata, gli orsi polari riescono a correre per brevi tratti alla velocità di 50 km/h e sono abili nuotatori. Cacciano animali come foche, uccelli e pesci e si trovano in cima alla catena alimentare: non hanno quindi predatori. Nonostante questo, la loro sopravvivenza è messa a repentaglio dall’uomo. Il global warming causato dalle attività umane rappresenta una terribile minaccia: a causa della folta pelliccia, con temperature superiori ai 10° l’orso inizia a surriscaldarsi. Il cambiamento delle temperature è poi responsabile dello scioglimento dei ghiacci, con la graduale riduzione dell’habitat degli orsi bianchi. Un motivo in più per fermare il riscaldamento climatico, prima che sia troppo tardi. Per l’ecosistema, per gli animali, per noi.
Pernice bianca
Ci spostiamo in Italia, dove vive un’affascinante creatura che vola leggera sopra i paesaggi innevati: la pernice bianca. La incontriamo nelle praterie alpine, ad altitudini anche superiori ai 2000 m, dove riesce a nutrirsi di germogli e frutti di arbusti e piante erbacee. Di grande fascino la sua capacità mimetica, che si adatta perfettamente alle stagioni: in estate i maschi presentano macchie marroni e nere mentre le femmine tendono al rosso, con l’arrivo del freddo il piumaggio cambia. In autunno il colore della pernice vira sul grigio, per poi assumere una tonalità bianca candida nell’inverno. Così, questi uccelli si confondono perfettamente in un habitat innevato. A completare l’adattamento, le zampe che si presentano anch’esse coperte di calde piume. La pernice bianca è oggi considerata “specie vulnerabile”. A minacciarla la caccia e, come l’orso polare, il riscaldamento globale, con inverni caldi che vedono una graduale riduzione degli ambienti innevati.
Stambecco
Rimaniamo nell’arco alpino per incontrare un altro animale caratteristico delle alte quote: lo stambecco. Nel XIX sec. questa specie rischiò l’estinzione a causa dei cacciatori, e venne paradossalmente salvata… dall’istituzione di una riserva di caccia: quella del re Vittorio Emanuele II in Val d’Aosta, nel 1856. Nessuno poteva cacciarvi oltre ai reali e lo stambecco si salvò dall’estinzione. Dotato di corna, più evidenti nei maschi, vive in branchi e si ciba di erba, germogli, muschi e licheni. È famoso per le sue abilità di “arrampicatore”: può muoversi e rimanere in equilibrio su pareti rocciose molto ripide. Tale capacità è dovuta alla muscolatura e alla costituzione degli zoccoli: all’esterno sono rigidi, all’interno hanno una parte più morbida che permette di regolare finemente l’appoggio. Perfino il piccolo, a pochi minuti dalla nascita, riesce già a stare in piedi e risalire percorsi impegnativi. Una curiosità: può capitare di avvistare uno stambecco che lecca le rocce. Quest’abitudine nasce dalla necessità dell’animale di integrare sodio, che scarseggia nel suo cibo abituale.