Gli animali e il circo
di Ugo Cirilli
Il circo: per molte persone un ambiente che evoca ricordi d’infanzia, momenti di spensieratezza e “Oooh” di meraviglia, di fronte ai numeri di abilità di acrobati e animali.
Proprio gli animali sono l’elemento attorno al quale, oggi, ferve un intenso dibattito. Gli animalisti sostengono che per addestrarli, spingendoli verso azioni per loro innaturali, in alcuni casi si ricorra ancora alla violenza.
Ma andiamo per ordine, per capire com’è nato l’impiego degli animali nel circo e qual è la situazione attuale.
La parola circo deriva dal “Circus”, una pista circolare in cui gli antichi Romani organizzavano competizioni equestri ed esibizioni con animali ammaestrati. Le prime compagnie itineranti nacquero nei secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano. L’idea è quindi antichissima, sviluppatasi poi nel tempo in diverse culture e tradizioni. Nel XV secolo questa attività si diffuse in Europa attraverso i Sinti, etnia proveniente probabilmente dal Pakistan, specializzati nelle esibizioni di orsi, scimmie e cavalli addestrati. Nel 1768 il circo si avvicinò alla versione moderna, quando l’ufficiale inglese Philip Astley ideò un’esibizione in uno spazio chiuso circolare, che alternava numeri con animali a show di clown e altri artisti.
Nel dopoguerra si dedicarono al settore anche famiglie estranee alla tradizione. Si aprì così la strada ad alcune innovazioni, come un’impostazione di stampo più teatrale. Cambiamenti che, attraverso i decenni, culminarono nel “nuovo circo” anni ‘90 radicato soprattutto in Francia: non più brevi numeri scollegati, ma rappresentazioni con un filo conduttore, legate ad arti come il teatro e la danza. Un fenomeno anticipato da realtà come il Cirque du Soleil, nato nel 1984, che rinunciò completamente agli animali. Una scelta che sarà abbracciata anche da altre compagnie. Da tempo, quindi, la presenza degli animali non è più considerata necessaria nell’ ambiente.
Il dibattito attuale
Oltre a criticare eventuali metodi violenti, chi contesta oggi i circhi con animali punta il dito contro le condizioni di vita quotidiana di questi ultimi, lontane da quelle dei loro habitat d’origine.
Già nel 2016 in Italia, secondo un rapporto EURISPES, il 71,4% dei cittadini era contrario all’impiego degli animali; una sensibilità rafforzatasi anche a seguito delle testimonianze di alcuni esponenti del mondo circense. Tra questi Paride Orfei che negli anni ’80 rinunciò a tali spettacoli, affermando che l’addestramento prevedeva pratiche come le scosse elettriche e i colpi di forcone.
Di fronte alle contestazioni, non mancano le reazioni dei circensi che impiegano animali.
I professionisti adducono varie argomentazioni: ad esempio, che gli esemplari dei circhi odierni sono domestici da generazioni e i metodi, oggi, non prevedono più alcuna forma di violenza. Ne sarebbe un esempio la tecnica del condizionamento operante, basata sulla somministrazione di ricompense all’animale (ad esempio cibo extra), quando esegue la mossa giusta. A violare le leggi, secondo i circensi, sarebbero solo realtà marginali, senza scrupoli e prive di professionalità.
La legge che avrebbe dovuto decidere
Il dibattito, in teoria, avrebbe dovuto concludersi da tempo. La legge delega di riordino del settore dello spettacolo, approvata nel novembre 2017, stabiliva infatti nel nostro Paese una rinuncia “graduale” agli animali nei circhi. L’obiettivo era arrivare, in 12 mesi, a un circo privo della loro presenza. Le associazioni animaliste affermano però che la questione è in “stand by”: in assenza di un decreto attuativo della legge, i tempi previsti per trasformare il proposito in realtà sono scaduti. Occorre quindi attendere che il governo riprenda in mano la questione.
A quanti si trovano combattuti tra il fascino di uno spettacolo antico e i dubbi etici, al momento, non rimangono che due soluzioni. Optare per gli show di un circo senza animali, o per quelli di una realtà di comprovata serietà ed esperienza, conosciuta per il rispetto delle regole.