Gli animali della savana
di Ugo Cirilli
“Ogni mattina, in Africa, al sorgere del sole una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del leone. Un leone si sveglia e sa che dovrà correre più veloce della gazzella. Ogni mattina, in Africa, al sorgere del sole non importa che tu sia leone o gazzella, l’importante è che cominci a correre”.
Non si sa se queste parole, rese note da uno spot tv anni ‘90, siano davvero un proverbio africano come spesso affermato. Qualcuno ne fa risalire l’origine a un libro del 1974, o a un articolo del 1985. Comunque sia, rappresentano una condizione che accomuna tanti animali nella savana. Questo particolare ambiente è caratteristico di zone con scarse piogge. L’aridità crea vaste aree in cui l’unica vegetazione è erbosa o, al massimo, compaiono pochi arbusti e alberi isolati. In tali condizioni la sopravvivenza è chiaramente difficile. Alla savana si adattano soprattutto due categorie di animali: gli erbivori dalla dieta spartana e i carnivori che li cacciano.
Ecco perché la corsa di cui parla il presunto proverbio si rivela così importante. Nei grandissimi spazi aperti, gli inseguimenti per la sopravvivenza sono all’ordine del giorno. Ma chi sono i protagonisti?
Carnivori velocisti
Tra i carnivori troviamo predatori micidiali come il leone: si stima che abbia un fabbisogno alimentare tra i 5 e i 7 kg di carne al giorno. Può correre fino a 75 km/h e spiccare balzi sorprendenti, fino a 12 m. A causa delle ridotte dimensioni del suo cuore rispetto al corpo, però, il leone non sopporta sforzi prolungati. Per questo la sua tattica di caccia spesso consiste in un avvicinamento silenzioso alla preda, minimizzando l’inseguimento.
Il vero velocista della savana è il ghepardo, la cui corsa supera i 90 km/h. Il suo organismo sembra nato per la velocità: difficilmente pesa più di 60 kg, ha zampe lunghe e sottili ma la sua muscolatura è decisamente forte. Simile al ghepardo è il leopardo, che si distingue per alcune caratteristiche, come le macchie disposte in piccoli cerchi sul dorso e l’indole solitaria. Anch’esso dotato di una forza notevole, riesce a sollevare le prede per depositarle sui primi rami degli alberi. Mette così in salvo il pasto dalla voracità di altri animali. Infatti, per i predatori della savana un rischio è rappresentato anche dalla competizione con altri carnivori. Il leone, ad esempio, talvolta attacca “rivali” come il ghepardo, per metterli in fuga e appropriarsi delle loro prede. Le carcasse, inoltre, possono diventare presto cibo per i licaoni e le iene. Queste ultime sono una vera sorpresa, in termini di resistenza. Se il leone, come abbiamo visto, non regge sforzi prolungati, ben più resistente in tal senso è la piccola iena. Tipicamente considerata un “animale spazzino” che si nutre di carogne, in realtà è anche una cacciatrice, capace di inseguire la preda fino a 5 km. Capita così che riesca a catturarla per sfinimento, dopo una corsa estenuante.
La dura vita degli erbivori
Se la vita dei carnivori della savana è faticosa, non va sicuramente meglio per gli erbivori che si trovano nel ruolo della preda. Non sono costretti a corse e lotte per ogni pasto, ma vivono in allerta, sempre pronti alla fuga in caso di pericolo. L’agile gazzella raggiunge i 100 km/h in corsa e ha un corpo davvero leggero: una delle specie più diffuse, la gazzella di Thomson, pesa tra 13 e 16 kg. Meno veloce del ghepardo, si dimostra però più resistente e rapida nei cambi di direzione.
Decisamente più grande e robusta la zebra, che appartiene alla famiglia degli equidi come il cavallo. Capace di raggiungere i 150 cm di altezza e il peso di 300 kg, se avesse un motto potrebbe essere il “Tutti per uno, uno per tutti” dei Tre Moschettieri. Le zebre vivono infatti in gruppo, proteggendosi a vicenda dai predatori. Anche le striature, secondo una teoria, sarebbero dovute alla loro natura sociale e servirebbero a distinguersi.
Vive in grandi branchi anche un altro famoso erbivoro delle savane, il bufalo africano: i gruppi possono essere formati anche da 400 esemplari. Tale numerosità, oltre alla stazza, all’aggressività e alle corna, scoraggia la maggior parte dei predatori. Nonostante la sua indole, tollera l’apparente invadenza di alcuni uccelli che si posano sul suo corpo. In realtà questo “sodalizio” è interessato: i volatili si nutrono dei parassiti che lo infestano.
Se parliamo di stazza, gli erbivori che spiccano di più sono la giraffa e l’elefante. La prima è l’animale terrestre più alto, che arriva a 6 m. Riesce a mangiare le foglie sui rami superiori degli alberi, evitando di competere con gli erbivori che si nutrono d’erba. Anche l’elefante, con la sua proboscide, si ciba dai rami di alberi e arbusti. Questo gigante, al quale abbiamo dedicato un articolo, vanta a sua volta un primato: è l’animale terrestre più pesante (a volte supera le 10 tonnellate). Solo alcuni leoni osano sfidare la sua forza e attaccarlo. Esiste però un animale minuscolo che lo mette in crisi: non il topo, come alcuni credono, ma… la formica crematogaster. Il suo morso sulla sensibile proboscide gli risulta piuttosto doloroso.
Il viaggio alla scoperta degli animali della savana potrebbe proseguire ancora, tra rettili quale il temibile varano, uccelli come l’avvoltoio, insetti… per una panoramica esaustiva occorrerebbe un libro intero!
Quanto abbiamo visto basta però a darci l’idea di un habitat affascinante e difficile, sia per i carnivori che per gli erbivori. Quindi il proverbio dice la verità? Per sopravvivere è necessario… correre sempre più veloce? Non esattamente. Una ricerca del Royal Veterinary College di Londra sugli animali africani ci dice che è la strategia che conta. Per le prede a volte la salvezza arriva da un improvviso cambio di direzione, che spiazza l’inseguitore. Anche il predatore deve alternare accelerazione e decelerazione, pronto a reagire a questa “tattica”. Insomma, anche nella savana non è la mera forza ad assicurare la sopravvivenza, quanto l’intelligenza.