5 serie tv anni ’80 di culto
di Ugo Cirilli
Oggi le serie tv sono un tema “caldo”, oggetto di discussioni accese spesso anche negli ambienti culturali più raffinati. Diversi sono i prodotti dalla scrittura complessa e dalle caratterizzazioni profonde, che li fanno talvolta paragonare a opere letterarie.
La serialità televisiva ha però una lunga storia e alcune serie degli anni ’80, a volte ingenue ma dirette e coinvolgenti, hanno tuttora una platea di fan di tutto rispetto.
Allo spettatore di oggi possono trasmettere il brio di un decennio particolare, tacciato di frivolezza ma anche pieno di inventiva ed entusiasmo. Per chi le ha seguite con passione alla loro prima apparizione sul piccolo schermo, assumono lo status di vere icone generazionali. La loro rinata popolarità ricorda quella della musica anni ’80, a lungo ritenuta superata e successivamente rivalutata anche dalla critica.
Ecco una piccola selezione di cinque serie considerate dei veri cult, fermo restando che l’elenco completo sarebbe molto più lungo!
Supercar
Negli anni ’80 l’idea che una macchina potesse “parlare” al conducente e valutare da sola il percorso migliore era pura fantascienza. Oggi queste innovazioni sono realtà, grazie all’informatica e al navigatore. Non erano però le uniche caratteristiche speciali di KITT, l’incredibile automobile al centro della serie “Supercar” (titolo originale “Knight Rider”): il mezzo poteva compiere salti di diversi metri, viaggiare su due ruote e sull’acqua, resistere ad esplosioni devastanti, collegarsi a database e telecamere di sorveglianza e non solo…
Nella serie l’auto è opera delle industrie Knight, che la affidano al poliziotto Mark Arthur Long (David Hasseloff); questi, assunta l’identità di Michael Knight, inizierà una nuova lotta contro il crimine alla guida di KITT.
Oggi la serie conta svariati fan club a livello internazionale. Alcuni appassionati hanno perfino elaborato auto Pontiac Firebird Trans Am rendendole del tutto somiglianti alla vettura protagonista (ad eccezione delle straordinarie e improbabili prestazioni…).
Dallas
Questa popolarissima serie ha preso il via nel 1978 negli USA; in Italia invece il primo episodio è andato in onda nel 1981.
Rispetto ad altre fiction del periodo, più “ingenue”, “Dallas” si distingue sicuramente per le tematiche: intrighi di potere e tradimenti in una ricchissima famiglia di imprenditori texani del petrolio, gli Ewing. Tra doppi giochi, relazioni clandestine, alcolismo e affarismo disonesto, “Dallas” conduce lo spettatore in un mondo di bassezze e cinismo, incarnato ai massimi livelli dallo spietato JR Ewing, pronto a tutto per il denaro.

@shutterstock
Per quanto ambientata in un universo non solo torbido ma anche molto elitario, quindi distante dallo spettatore medio, la serie ha ottenuto un successo incredibile. È stata infatti tradotta in 67 lingue, un vero record per un prodotto tv americano. Un trionfo dovuto sicuramente anche agli sviluppi della trama che tenevano il pubblico con il fiato sospeso, come nel famoso episodio dell’attentato a JR.
A-Team
Serie tv americana d’azione con elementi volutamente “comedy” e surreali, “A-Team” ha tratto la sua forza probabilmente proprio dalla scanzonata commistione di generi. La trama prende le mosse da un gruppo di ex militari, reduci del Vietnam ma ingiustamente condannati per rapina. Riescono ad evadere e iniziano a lavorare come mercenari, regolarmente coinvolti in missioni in difesa dei più deboli e contro l’ingiustizia.
La componente ironica è evidente già nelle caratterizzazioni dei protagonisti: il leader John “Hannibal” Smith, abile nei travestimenti più assurdi, Templeton “Sberla” Peck, raffinato affabulatore, H. M. “Howling Mad” Murdock che evade ripetutamente dall’ospedale psichiatrico e il burbero, muscoloso P.E. “Pessimo Elemento” Barracus, dal look stravagante. Anche l’azione è giocosa, lontana dal realismo crudo e mirata al divertimento dello spettatore.
Genitori in blue jeans
Sitcom incentrata sulla famiglia dello psichiatra Jason Seaver, interpretato da Alan Thicke (scomparso nel 2016), “Genitori in blue jeans”, pur regalando momenti di divertimento e ironia, ha affrontato tematiche attuali negli anni ’80 come oggi. Seguendo le vicende di Jason, della moglie giornalista Maggie e dei figli Mike, Carol, Ben e Chrissy, le puntate hanno toccato questioni come le problematiche della crescita, l’abuso di alcol, l’emarginazione. Non a caso il titolo originale era “Growing pains”; potremmo tradurlo come “Sempre più guai”. Uno dei pochi casi in cui la traduzione italiana del titolo suona forse più accattivante dell’originale!
A un certo punto, la famiglia Seaver adotta un ragazzo problematico e povero, Luke Brower. Lo interpretava un attore sedicenne, allora praticamente sconosciuto: un certo Leonardo DiCaprio!

@shutterstock
Casa Vianello
Concludiamo questa panoramica con un omaggio alla sitcom italiana: “Casa Vianello”, che ha raggiunto il ragguardevole numero di 338 episodi tra il 1988 e il 2007. Ideata da Fatma Ruffini, aveva una particolarità: i due attori protagonisti, i compianti Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, interpretavano loro stessi. Una simpatica coppia sposata che condivide la quotidianità, tra alti e bassi, discussioni ed episodi comici, suscitando nel pubblico immedesimazione e buonumore.
La frase di Sandra “Che barba, che noia, che noia, che barba”, pronunciata a fine puntata, è rimasta nella mente di tanti spettatori e di tante spettatrici, che l’avranno forse rivolta in qualche occasione ai coniugi!