Il vero significato e l’origine di alcuni dei gesti più diffusi
di Ugo Cirilli
Uno stereotipo vede noi italiani come un popolo che gesticola molto, esprimendo emozioni e pensieri non solo con le parole.
Effettivamente, nella nostra comunicazione quotidiana i gesti non mancano: uno studio dell’Università di Roma Tre ne ha contati circa 250. Tuttavia, è interessante osservare che non tutti quelli che usiamo hanno origine nel nostro Paese.
Scopriamo insieme come sono nati e cosa significano alcuni dei più comuni!
Il pollice verso l’alto
Il gesto raffigurato nel “Mi piace” di Facebook risale addirittura agli antichi Romani. Il suo utilizzo moderno nasce da un’errata convinzione: quella che lo ritiene un segnale di grazia negli scontri tra gladiatori. Il pollice in alto, del pubblico e dell’imperatore, avrebbe simboleggiato il desiderio di salvare la vita allo sconfitto. In realtà aveva il significato opposto, una condanna che avveniva molto raramente, riservata a chi aveva agito in maniera vile. Nelle lotte tra gladiatori, infatti, l’organizzazione dell’evento doveva pagare una penale per la morte di ogni combattente, inoltre si tendeva a evitare la perdita di atleti faticosamente addestrati. L’errore nei secoli ha reso il pollice in alto un gesto positivo: ad esempio, nell’Inghilterra medievale indicava la conclusione positiva di una trattativa, nella Seconda Guerra Mondiale era l’”ok” dei piloti per il decollo.
Le dita a “V”
Gesto utilizzato per esprimere esultanza, il suo significato nasce proprio da ciò che le dita rappresentano: una “V”. Una “V” che è l’iniziale di “Vittoria” in più lingue. È infatti diffuso in diverse nazioni; tutto ebbe inizio quando il parlamentare, tennista e speaker radiofonico belga Victor de Laveleye (1894 – 1945), durante il secondo conflitto mondiale, propose ai suoi connazionali di utilizzare la lettera “V” quale segno di riscossa, sia nei gesti che come simbolo scritto.
L’idea venne adottata anche da Winston Churchill, che contribuì a renderla popolare in tutta l’Europa.
Parlando di dita a “V” occorre fare un disclaimer che può evitare situazioni imbarazzanti! Alcuni, soprattutto tra i giovani, posano in foto eseguendo il gesto al contrario, con il palmo della mano verso il viso e il dorso verso l’esterno. Spesso ignorano che nel mondo anglosassone si tratta di un insulto, corrispondente a… mandare a quel paese qualcuno.
La mano a cucchiaio
Oggetto di ironie anche online, la classica “mano a cucchiaio” che esprime perplessità è considerata un simbolo dell’italianità.
Il gesto è talmente remoto che l’esatta origine rimane oscura: secondo alcuni nascerebbe nel ricco folklore napoletano, mentre lo scrittore Carlo Emilio Gadda ne parla come di un gesto “tanto in uso presso gli Apuli” (l’”Apulia” nell’antichità romana comprendeva quasi tutto il Sud Italia). Quel che è certo è la possibilità di usarlo in due modi. Se il gesto è ampio e lento e il viso contrariato, ha il significato di un irritato “Che fai?”, “Che vuoi?”, “Che ti prende?”; eseguito in maniera più rapida e meno vistosa, può segnalare semplicemente che non capiamo quello che qualcuno dice.
Le corna
Il gesto delle corna ha varie accezioni. La tipica, ironica allusione all’infedeltà, con la mano che fa le corna verso l’alto, deriva dalla mitologica greca. Si narra infatti che Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, volle salvare un bellissimo toro che doveva essere sacrificato a Poseidone. Il dio, offeso per la ribellione, fece impazzire la donna che si innamorò dell’animale. Dalla loro unione nacque il Minotauro e i cretesi adottarono il gesto delle corna (di toro), per alludere al tradimento.
Lo stesso movimento rivolto verso il basso rappresenta, invece, l’atto di respingere la sfortuna, con la forza di un animale che la colpisce a cornate.
Cosa dire, invece, del gesto delle corna nel rock? In questo caso, l’associazione è doppia. Era in voga già nel movimento hippy perché, nel linguaggio dei segni, indica “amore”. In seguito il cantante metal americano Ronnie James Dio, di origini familiari italiane, iniziò a usare nei live lo scongiuro tipico di sua nonna. Lo eseguì però con la mano in alto, consolidando un gesto iconico.
Le dita incrociate
Un gesto che viene sostituito spesso dalla frase “Incrociamo le dita!”, quando si vuole augurare la buona sorte. Tuttavia, è ancora molto presente nell’immaginario comune, tanto da essere raffigurato anche negli emoji per smartphone. Per quale motivo due dita incrociate evocano la fortuna?
La spiegazione è nella nascita del gesto, che risale alle origini del Cristianesimo. I primi cristiani dovevano riconoscersi tra loro senza essere scoperti dai persecutori. Nacque così l’idea di una mossa poco vistosa, una sorta di segnale segreto che rappresentasse vagamente una croce: indice e medio sovrapposti.
In seguito, nel Medioevo l’origine religiosa del gesto lo legò all’idea di scacciare il diavolo e, di conseguenza, la cattiva sorte.