5 simboli legati alla fortuna e le loro origini
di Ugo Cirilli
“Homo faber fortunae suae” dicevano gli antichi romani: l’uomo è artefice della sua sorte. Un detto riscoperto nel XIV secolo e talvolta citato anche oggi. Nonostante questo, molti continuano a pensare a un’idea di fortuna che segue traiettorie misteriose. Una fortuna che, secondo alcune tradizioni popolari, sarebbe attratta da specifici elementi. Scopriamo come sono nate le credenze legate a 5 simboli “portafortuna”!
Il ferro di cavallo
L’idea che un ferro di cavallo porti fortuna risale a una leggenda legata alla figura di San Dunstan, Arcivescovo di Canterbury nel 959 d.C.. Si narra che il santo in origine fosse un esperto fabbro. Un giorno si presentò da lui il diavolo in persona, chiedendogli di ferrare il suo cavallo. San Dunstan inchiodò a sorpresa il ferro allo zoccolo del diavolo, che non riusciva quasi a camminare dal dolore. Il fabbro lo liberò da quella sofferenza chiedendogli in cambio una promessa: il diavolo si sarebbe tenuto alla larga dalle case con un ferro di cavallo sulla porta.
Questa non è l’unica ipotesi sull’origine della credenza. Un tempo poteva capitare che un cavallo perdesse un ferro e un contadino lo ritrovasse. Riportando al cavaliere l’oggetto, piuttosto costoso, il contadino riceveva in cambio del denaro. L’associazione ferro di cavallo-fortuna potrebbe essere nata anche così.
Il corno
Uno dei portafortuna più noti, soprattutto nel folklore napoletano, è il corno. Si pensa che le origini di questo simbolo siano antichissime e possano risalire addirittura al Neolitico: le corna degli animali erano considerate un emblema di forza, capace di allontanare la sventura. La stessa simbologia dietro al famoso gesto di “fare le corna” come scongiuro. Una spiegazione più “hard” vuole invece che la tradizione del corno risalga all’antichità latina, quando i piccoli oggetti si sarebbero diffusi come rappresentazione dei genitali di Priapo, dio della fertilità (associato a un’idea di buona sorte e prosperità). Il ritrovamento di simboli simili negli scavi di Pompei ed Ercolano accredita questa teoria.
Le dita incrociate
Questa mossa, di cui abbiamo parlato anche nell’articolo dedicato ad alcuni gesti molto diffusi, nacque agli albori del Cristianesimo. La sua origine non ha niente di superstizioso: mostrare le dita incrociate aveva un fine strettamente pratico.
Quando il culto era vietato e i cristiani venivano perseguitati, i fedeli che si ritrovavano segretamente dovevano riconoscersi tra loro con un segnale poco vistoso. Nacque così l’idea di mostrare con discrezione l’indice e il medio incrociati, un riferimento alla croce cristiana. Nel tempo, soprattutto in epoca medievale, l’origine religiosa del gesto lo trasformò in un segno portafortuna nella cultura popolare.
Il vischio
Baciarsi sotto i ramoscelli di vischio a Capodanno è considerato un “rito” di buon auspicio, così come donare la pianta nel periodo natalizio. L’origine di tali credenze risale a remote tradizioni celtiche: in quell’antica cultura il vischio era considerato un elemento simbolo di resurrezione, prosperità e fortuna. Il fatto che questa specie cresca in alto sugli alberi, senza contatti con il terreno, accentuava l’idea che si trattasse di una pianta “speciale” e divina. La sua raccolta richiedeva specifici rituali e la venerazione per il vischio era tale che, se due nemici si incontravano sotto i suoi rami, dovevano deporre le armi e interrompere le ostilità con un bacio. Lo stesso gesto che viene ripetuto ancora ai giorni nostri, all’arrivo del nuovo anno!
La coccinella
Varie ipotesi, che non si escludono a vicenda, spiegano l’origine dell’associazione tra la fortuna e il simpatico insetto. Fin dal Medioevo, ad esempio, si sapeva che la coccinella si nutre degli afidi, i pidocchi che infestano le piante. Per questo già allora era particolarmente apprezzata dai contadini, tanto da considerarla un dono divino. Inoltre, nell’iconografia cristiana la Madonna viene talvolta descritta e rappresentata con un mantello rosso, sul quale spiccano sette punti neri. Un’immagine che richiama fortemente la livrea della coccinella. Secondo alcune fonti, infine, nell’antica Roma l’insetto era considerato un simbolo della dea Giunone e il colore rosso evocava la salute e la vittoria. Le origini della credenza sulle coccinelle portafortuna sarebbero quindi davvero antiche.