Emoticon ed emoji, emozioni in minatura: chi le ha inventate?
di Ugo Cirilli
Si può scrivere un’emozione?
Scrittori e poeti si cimentano in quest’impresa non facile da secoli, dando vita talvolta a opere indimenticabili.
C’è poi un altro tentativo umano di rispondere alla suddetta domanda. Un tentativo sicuramente più semplice, forse frivolo, ma di grande successo da qualche decennio: l’emoticon.
Non parole, ma segni che cercano di rappresentare l’istantanea di uno stato d’animo. La sua evoluzione, l’”emoji”, consiste in vere e proprie immagini pronte per l’uso. Qualcuno ricorderà ancora, però, quando eravamo noi a dover mettere insieme le “faccine” con due punti, lineette, parentesi etc.
Ma chi ha avuto queste originali idee per primo? Intraprendiamo un viaggio alla scoperta della genesi delle emoticon e delle emoji! 😉
Un’idea anni ‘80
Nel 1982 l’informatico americano Scott Fahlman, professore alla Carnegie Mellon’s School of Computer Science, decise di introdurre una novità nel BBS (Bulletin Board System) dell’università Carnegie. La sigla BBS indicava un sistema in cui una rete di pc poteva collegarsi a un elaboratore centrale, per accedere a documenti e scambiare messaggi. Una specie di forum o newsgroup in formato locale, insomma.
Il docente si accorse che i messaggi erano vari, alcuni legati a tematiche serie, altri ironici; questo generava fraintendimenti. Come lui stesso ha raccontato, capitava che qualche lettore non capisse le battute di un altro, pubblicando in risposta lunghe diatribe. Fahlman scrisse quindi ai colleghi una mail semiseria in cui le prime “faccine” fecero la loro comparsa:
“Propongo la seguente sequenza di caratteri per indicare gli scherzi:
🙂
Leggetela di seguito. Al momento però, viste le tendenze attuali, facciamo forse prima a distinguere ciò che NON è uno scherzo. Per quello, propongo
🙁 ”
Sembra che questo fatto abbia un precedente risalente al 1979, anche se non si trattò a quanto pare di una vera emoticon. Un certo Kevin MacKenzie propose di inserire nelle e-mail, nate negli anni ’70, il simbolo -) per indicare che una frase era detta “tongue in cheek”, letteralmente “lingua nella guancia”. Con questa espressione gli anglosassoni indicano un umorismo sottile, sfuggente.
A quanto pare però l’idea di MacKenzie venne criticata e bocciata sul nascere da altri utenti.
Il ruolo del Giappone
Il Giappone, Paese conosciuto per l’attitudine tecnologica, ha avuto un ruolo importante nella storia e nell’evoluzione delle emoticon.
Se lo “stile occidentale” vede infatti le classiche sequenze di segni che riproducono un volto stilizzato in maniera orizzontale, esiste uno “stile giapponese” che rappresenta invece le “faccine” con l’inclinazione naturale.
Per intenderci, vi sarà capitato di imbattervi in emoticon di questo tipo: (^_^)
Si tratta dello stile “Kaomoji” che ha preso piede anche in Occidente, sebbene in misura minore.
Il Giappone ha dato il via anche all’evoluzione delle emoticon in emoji, ossia le immagini in miniatura, curate nei dettagli, che sostituiscono sempre più gli insiemi di segni per esprimere emozioni.
Ne sono un esempio, le “faccine” di Whatsapp, selezionabili da un apposito menù senza digitare combinazioni.
Il primo esempio di emoji venne creato tra il 1998 e il 1999 dall’interface designer giapponese Shigetaka Kurita, che lavorava a una piattaforma web per telefoni cellulari dell’operatore NTT DoCoMo. Questo sistema consentiva agli utenti di inviare email dal telefono, limitate però a solo 250 caratteri; le emoji nacquero dall’idea di arricchirli. L’impresa in cui si cimentò Shigetaka non era semplice: tradurre 176 concetti (luoghi, persone, emozioni etc.) in simboli a 12 bit!
“I giapponesi” ha spiegato l’informatico “tendono a eccellere quando si tratta di trarre il meglio dalle limitazioni. È una nazione piena di limiti, un piccolo pezzo di terra”. Così, da una limitazione nacquero le emoji, ispirate ai pittogrammi e ai fumetti manga. Contrariamente a quanto si può pensare, il nome non deriva da “emoticon” ma da tre parole giapponesi: “e” (immagine), “mo” (scrittura) e “ji” (carattere). Come tutti sanno, ebbero tanto successo da trascendere i confini nazionali!
Le prime emoticon grafiche e animate per pc e sms furono invece sviluppate dal francese Nicholas Loufrany, che iniziò a lavorare a questa innovazione nel 1997 per digitalizzare un famoso marchio di proprietà di suo padre: lo Smiley, la faccina sorridente, allora un logo per la carta stampata. L’iconica immagine nacque da un’idea del 1963 dell’artista americano Harvey Ball, che non registrò però mai la sua intuizione. Le creazioni di Loufrany vennero rese disponibili online nel 1998 e, dal 2000, scaricabili e utilizzabili sui cellulari.
Le emoticon e le emoji oggi
Oggi le emoticon sono ormai parte integrante della quotidianità di tante persone, anche perché la loro varietà esprime davvero un gran numero di concetti, situazioni e stati d’animo.
Si stima che ne vengano utilizzate circa duemila, in base a quelle catalogate da James Marshall nel suo dizionario online delle emoticon.
Altrettanto, se non maggiore, è il successo delle emoji, ormai incorporate da svariate app e diversi social network. Una popolarità evidente anche dall’ importanza a esse attribuita: ormai ne sono state create versioni multietniche o dedicate a specifiche categorie, in modo che tutti gli esseri umani possano sentirsi rappresentati. Un esempio interessante è la serie di emoji proposte da Google nel 2016 per raffigurare e omaggiare le donne nel mondo del lavoro.
E se proprio non riuscite a identificarvi con le soluzioni predefinite, non disperate: esistono applicazioni che permettono di crearne di nuove! 😉