22 marzo 1921, nasceva Nino Manfredi
di Ugo Cirilli
Il 22 marzo di cento anni fa in un paese della Ciociaria, Castro dei Volsci, nasceva un grande protagonista del nostro cinema. Nino Manfredi (1921-2004), all’anagrafe Saturnino Manfredi, proveniva da una famiglia dalle origini contadine. Il padre, maresciallo della Polizia, venne trasferito a Roma all’inizio degli anni trenta; Nino e il fratello Giovanni crebbero così nella capitale, nel quartiere San Giovanni.
Come accade talvolta, Manfredi scoprì la sua attitudine per lo spettacolo quasi per caso. Adolescente irrequieto, fuggito più volte dal collegio Santa Maria, si ammalò di tubercolosi. Durante la lunga degenza, per trascorrere il tempo costruì da solo un banjo e imparò a suonarlo. Si esibì in un complessino nato nell’ospedale e, nello stesso luogo, assistette a uno spettacolo della compagnia teatrale di Vittorio De Sica. Queste esperienze lo avvicinarono alla dimensione del palcoscenico, che iniziò ad affascinarlo fortemente.
Per assecondare i genitori si iscrisse a giurisprudenza laureandosi nel 1945, ma la sua vera strada era ormai tracciata. Conseguito il diploma dell’Accademia nazionale d’arte drammatica, si lanciò nelle prime esperienze teatrali, con un successo che lo portò a partecipare anche a programmi radiofonici. Nel 1949 esordì nel cinema, l’inizio una carriera brillante che lo avrebbe visto alternare con carisma ruoli comici e drammatici. Tra le pellicole più note “Totò, Peppino e… la malafemmina” di Camillo Mastrocinque e “Pane e cioccolata” di Franco Brusati, ispirato al tema dell’emigrazione italiana in Svizzera. Un film che valse a Manfredi un David di Donatello come miglior attore protagonista, con la sua alternanza di ironia e dramma. Oltre al grande schermo, l’attore approdò anche nel mondo della TV: già nel 1959 aveva riscosso un grande successo partecipando a “Canzonissima”, dove interpretò il suo celebre personaggio Bastiano, “il barista di Ceccano”. Nel 1972 apparve nel ruolo di Geppetto nel “Pinocchio” di Luigi Comencini, tra il 1997 e il 2000 è stato uno dei protagonisti della fiction “Linda e il brigadiere” con Claudia Koll.
La vena creativa di Nino Manfredi lo portò anche a vivere più volte il ruolo di regista, teatrale e cinematografico, con successo: con “Per grazia ricevuta” (1971), che intreccia riferimenti autobiografici al tema dell’educazione religiosa, ricevette la Palma d’oro per la migliore opera prima al Festival di Cannes.
Oltre che attore e regista, Manfredi è stato anche cantante, doppiatore, protagonista di spot pubblicitari e istituzionali… un personaggio che ha lasciato un’impronta indelebile nel nostro panorama artistico e culturale. Purtroppo nel 2004 un’emorragia cerebrale fu per lui fatale; lasciò quattro figli e la moglie Erminia Ferrari, con la quale era stato sposato per oltre cinquant’anni. Un matrimonio tormentato dai tradimenti dell’attore, che ebbe una figlia fuori dal matrimonio, ma sopravvissuto tra alti e bassi grazie alla forza di un legame profondo.
In occasione dei cento anni dalla nascita di Nino Manfredi alcuni eventi, televisivi e non solo, lo ricordano e omaggiano. Il 20 marzo la Rai ha programmato il film biografico “In arte Nino”, girato dal figlio Luca, il 22 marzo il documentario “Uno, nessuno e cento Nino”. Il TG5 gli ha dedicato uno speciale. Il Comune di Minturno, nel Lazio, di cui l’attore era cittadino onorario, si è collegato in diretta Facebook con Luca Manfredi il 18 marzo, per ricordare il legame tra suo padre e la località: in quella zona vennero girate alcune scene del film “Per grazia ricevuta”. Lo stesso Comune sta organizzando per luglio una mostra multimediale dedicata al suo celebre cittadino, presso il Castello di Minturno. Il ricordo dell’attore arriva anche in libreria: l’11 marzo è uscito “Un friccico ner core”, un ritratto intimo e familiare scritto da Luca Manfredi, il 18 marzo è stata pubblicata la biografia “Alla ricerca di Nino Manfredi” di Andrea Ciaffaroni.
“Io ho sempre scelto film difficili” disse una volta Manfredi “se non sono difficili non mi stimolano”. Durante un’intervista, spiegò che per lui non era importante arrivare a interpretare tanti film, ma scegliere in base alla qualità. Questa capacità di osare e di selezionare i ruoli giusti, assieme alle sue doti artistiche, ha contribuito a renderlo un’icona del nostro cinema.