I reality show, un fenomeno mediatico che ha cambiato la tv
di Ugo Cirilli
Amati e odiati, i reality show hanno senza dubbio cambiato nel profondo il panorama televisivo, inventando di fatto una nuova categoria d’intrattenimento.
Per molti parlare di reality evoca soprattutto programmi famosissimi come “Il Grande Fratello”, ma i primi esperimenti di questo tipo nacquero molto tempo prima.
Già negli anni ’40, per la precisione nel 1945, la quotidianità fece il suo ingresso all’interno dei media in un ambito non legato alla cronaca. In America nacque infatti “Queen for a day” (“Regina per un giorno”), un format inizialmente radiofonico e, dieci anni dopo, anche tv, in cui donne comuni raccontavano le loro vicende spesso drammatiche esprimendo un desiderio, una richiesta d’aiuto, un sogno. Il pubblico votava le storie più toccanti e le vincitrici potevano realizzare i loro obiettivi, ricevendo importanti premi. Alle “sconfitte” erano riservati piccoli premi di consolazione. Per quanto l’idea di esporre vicende dolorose in una specie di gara possa apparire discutibile, il format ebbe un successo notevole.
In Gran Bretagna nel 1964 aveva inizio invece “Seven Up”, un reality in cui bambini di 7 anni venivano intervistati sulla loro quotidianità, per essere poi ricontattati sette anni dopo. Le interviste continuavano ogni sette anni, di fatto seguendo le esistenze di persone comuni nel tempo.
Verso il reality moderno
Nei decenni successivi troviamo altri esempi di incontro tra realtà e tv, come “An American family” degli anni ’70, che seguiva una famiglia dopo un divorzio, o la trasmissione “Real people” (anni ’70 e ’80), che mostrava spezzoni di vita quotidiana di persone alle prese con mestieri o hobby particolari. Solo negli anni ’90, però, prese forma l’idea attuale di reality show: nei Paesi Bassi iniziò “Nummer 28”, un programma in cui alcune persone che non si conoscevano dovevano convivere, per un certo periodo, riprese dalle telecamere. Era presente anche un “confessionale” per le confidenze. Suona familiare?
The Big Brother e l’Isola
Il 16 settembre 1999 in Olanda venne trasmessa la prima puntata di “The Big Brother”: titolo ispirato al romanzo “1984” di George Orwell, di cui riprendeva però solo l’idea del controllo totale e costante. 9 persone che non si conoscevano dovevano convivere in una casa piena di telecamere, riprese 24 ore su 24. Il format della casa di produzione Endemol è approdato in Italia nel 2000 e il nostro Paese è tra quelli che contano il maggior numero di edizioni. Nel 2004 una puntata de “Il Grande Fratello 4” è stata la prima trasmissione italiana a superare, in termini di ascolti, il Festival di Sanremo in diretta in contemporanea.
L’altro caposaldo del reality in Italia è “L’Isola dei Famosi”. L’idea dei “naufraghi” su un’isola esotica deriva dal format americano “Survivor”, in onda dal 2000 e accolto trionfalmente negli USA e in Francia (anche se l’elemento di sfida attraverso giochi e prove appariva già nel programma svedese “Expedition Robinson”). In Italia venne realizzato un adattamento di “Survivor” che ebbe poco successo, forse perché non prevedeva collegamenti in diretta.
Si arrivò così, nel 2003, al concept dell’Isola: riprendere l’idea di base di “Survivor”, rendendo però protagonisti personaggi famosi e avvalendosi della diretta. Il successo di questa interpretazione del tema è noto…
Oggi il filone dei reality show è diventato un vero e proprio classico della televisione. Certo, viene spontaneo chiedersi quanto durerà il loro successo, visto che ormai la gente comune mette in scena la propria vita, ogni giorno, su quel palcoscenico che sono i social network.