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11 Febbraio 2020
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I giochi da tavolo: in una scatola l’emozione della sfida

di  Ugo Cirilli

 

 

Si sa che a volte l’apparenza inganna. E la visione di un gruppo di persone placidamente sedute a un tavolo, intente a muovere con calma pedine o dadi, può nascondere emozioni forti, il brivido della sfida, il fervore di menti che elaborano strategie.

È il mondo dei giochi da tavolo, passatempo… senza tempo. Alcuni reperti archeologici testimoniano infatti che già gli antichi Egizi e i Sumeri amavano questi hobby: avevano inventato il Senet e il Gioco Reale di Ur. La passione per i giochi da tavolo sopravvive anche oggi, nella nostra società informatizzata: le varianti disponibili sono tante e periodicamente arrivano sul mercato nuove invenzioni.

Scopriamo la storia di cinque grandi “evergreen”!

 

Monopoli

Un classico dei giochi da tavolo, ha le sue origini agli inizi del XX secolo quando Elizabeth Magie, studiosa di economia, decise di inventare un game didattico di simulazione imprenditoriale. Brevettato nel 1904 e prodotto dal 1906, inizialmente non ebbe un grande successo. Tuttavia, nel tempo i giocatori iniziarono a introdurvi autonomamente alcune modifiche, personalizzando le mappe con i nomi delle strade e dei luoghi simbolo delle proprie città.

Così, nel 1924 Elizabeth Magie apportò alcune modifiche, tenendo conto proprio dei suddetti cambiamenti. La popolarità del gioco aumentò e nacquero versioni modificate, con nuovi brevetti; si distinse quella dell’ingegnere Charles Darrow, prodotta dalla Parker Games con il nome di “Monopoly” dal 1935. Nello stesso anno il gioco venne distribuito in Italia dall’azienda milanese Editrice Giochi. Il regime fascista vietava però l’uso di nomi anglosassoni, così l’editore fu costretto all’italianizzazione di “Monopoli”. Una dicitura rimasta in voga fino al 2009, quando la distribuzione italiana è passata alla canadese Hasbro, che ha ripristinato il nome originale. Secondo l’azienda, dalla prima edizione il Monopoli/Monopoly è stato giocato da circa 750.000.000 di persone.

 

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@shutterstock

 

Risiko

Carri armati che avanzano tra le montagne, pronti all’assalto… uno scenario inquietante che diventa inoffensivo, miniaturizzato in uno dei giochi da tavolo più famosi. Risiko, per noi quasi l’archetipo dell’intrattenimento “strategico”, è la versione italiana di un gioco chiamato originariamente “La conquête du monde”, ideato dal regista francesce Albert Lamorisse (1922-1970). Prodotto dalla Parker Brothers dal 1959, in Italia nel 1968 venne sviluppata la versione chiamata “Risiko”, che ottenne un grande successo. A pubblicarla fu l’editore GiochiClub di Milano, che nel 1973 introdusse un elemento ormai iconico: le pedine a forma di carro armato.

Nel 1977 il distributore di Risiko diviene Editrice Giochi; vengono così ideate le carte obiettivo, mentre le precedenti edizioni prevedevano solo lo scopo generico della conquista del mondo. Dal 2016, infine, La ditta canadese Spin Master acquisisce il marchio e la libreria di Editrice Giochi, Risiko compreso. Nascono così alcune versioni innovative, come “Time Attack!” per una sfida più veloce e “Risiko Z”, in cui tra i nemici si aggiungono… gli zombie.

 

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@shutterstock

 

Trivial Pursuit

Trivial Pursuit, prodotto da Hasbro e Horn Abbott, nacque nel 1979 in Canada, da una circostanza fortuita. Chris Haney, ricercatore iconografico di un quotidiano e Scott Abbott, giornalista sportivo, stavano giocando a Scrabble, un gioco simile al nostro Scarabeo. La loro partita si interruppe poiché mancavano alcuni pezzi nel kit. I due iniziarono così a discutere della possibilità di creare loro stessi un gioco da tavolo. Il proposito si fece sempre più serio, trasformandosi in un vero progetto.

Nel 1980 i due inventori fondarono la società Horn Abbott Ltd, per produrre la loro intuizione: Trivial Pursuit. L’ironico nome, traducibile come “Obiettivo banale” o “Missione frivola”, venne scelto dalla moglie di Chris Haney.

Come i giocatori sanno, si tratta in realtà di una sfida tutt’altro che banale, in cui la cultura generale negli ambiti più disparati, dalla storia allo spettacolo, è l’elemento vincente. Il gioco “decollò” a partire dal 1983 e giunse in Italia l’anno successivo. Nel nostro Paese ne è stata pubblicata una versione particolare dalla collana Il Giallo Mondadori, nel 1994: i temi principali sono la letteratura gialla e l’indagine.

 

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@shutterstock

 

Scarabeo

Abbiamo visto come la storia di Trivial Pursuit abbia avuto inizio davanti a una partita di Scrabble. Quest’ultimo è un gioco le cui origini risalgono al 1938, quando un architetto disoccupato, durante la Grande Depressione, ideò un passatempo in cui l’obiettivo fosse formare parole sensate in base alle lettere a disposizione. Un approccio molto simile è quello del nostro Scarabeo, pubblicato a fine anni ’50 da Aldo Pasetti e, in seguito, dalla Editrice Giochi.

Proprio per questa similitudine, Pasetti venne processato per violazione del diritto d’autore, accusa dalla quale fu però prosciolto. Lo Scarabeo, in effetti, presenta delle differenze di regolamento rispetto a “Scrabble”: ad esempio sono valide anche le sigle e si parte solo con 8 lettere, mentre il game USA ne rende disponibili in partenza ben 120. Le caselle speciali, valide in Scrabble una volta sola, nello Scarabeo continuano ad essere utilizzabili nel corso della partita.

 

scarabeo_

@shutterstock

 

Backgammon

Per scoprire le origini del Backgammon dobbiamo intraprendere un lungo viaggio sulla macchina del tempo. Sembra che questo gioco, noto in Italia come Tavola Reale o Tric Trac, sia nato più di 5000 anni fa nell’attuale Iran. Secondo un’altra ipotesi, sarebbe l’evoluzione del Gioco Reale di Ur citato a inizio articolo, ritrovato presso la tomba di un re sumero.

Si tratta sicuramente di un’antichissima invenzione che, partendo da un modello originario, ha attraversato secoli e culture subendo trasformazioni. Giunse nell’antica Grecia, nell’antica Roma e in Oriente. Nel Medioevo era molto popolare e nacquero i suoi nomi attuali: Tavola Reale in Italia, Backgammon in Inghilterra. Venne raffigurato anche nella tela di Caravaggio “I bari”, del 1954.

Secondo un’ipotesi suggestiva, dietro al percorso per togliere tutte le proprie pedine dal campo si nasconderebbe una metafora della vita umana con i suoi cicli, la combinazione di eventi nati dal caso e dall’ingegno. Il cromatismo chiaroscuro della tavola richiamerebbe le contrapposizioni della filosofia orientale, come notte/giorno, Yin e Yang.

Chissà quali saranno le prossime innovazioni del variegato mondo dei giochi da tavolo? Di certo, una semplice tabella e alcune pedine continuano ad affascinare ed entusiasmare, quando mettono in moto intelligenza ed emozioni.

 

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@shutterstock

 

 


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