5 curiosità sul tè
di Ugo Cirilli
Il tè è la seconda bevanda più diffusa al mondo dopo… l’acqua. Sembra che fosse in voga già nel III sec. d.C. in Cina, il suo Paese d’origine. Inizialmente il consumo faceva parte dei rituali dei monaci buddisti, poi divenne un’usanza tipica in tutta la nazione. Venne importato in Europa nel ‘600 dai portoghesi e dalla Compagnia olandese delle Indie orientali. Quando l’Occidente scoprì il gusto del tè, se ne innamorò: l’Inghilterra, in particolare, lo rese una vera e propria bevanda nazionale.
Ricavato dalle foglie essiccate di una pianta, la Camellia sinensis, oggi il tè è presente sul mercato in oltre 1000 tipologie. Queste sono differenziate in base a fattori come la lavorazione, la cultivar (varietà) di Camellia utilizzata e la pezzatura delle foglie.
Scopriamo cinque curiosità sulla bevanda arrivata dall’Oriente!
L’origine delle bustine di tè
I più raffinati intenditori preferiscono mettere le foglie direttamente in infusione, per mantenere il sapore inalterato. La bustina da tè, però, rappresenta senza dubbio una comodità, tanto da essere diffusa in tutto il mondo. Curiosamente quest’idea nacque per caso. Agli inizi del ‘900 il commerciante americano Thomas Sullivan inviò ai suoi clienti dei campioni di tè, contenuti in piccoli sacchetti di seta. Questi vennero scambiati per un nuovo metodo d’infusione (allora si usavano appositi utensili), e posti direttamente nella teiera. L’idea piacque e rivoluzionò così, casualmente, la preparazione del tè. Negli anni ’30 C.H. Dexter & Co svilupparono un tipo di carta a fibra lunga, più adatto alle bustine. In seguito, il materiale sarebbe stato rinforzato con l’aggiunta di viscosa.
Il tè più costoso
Il tè più costoso al mondo è apparso sul mercato nel 2012, alla cifra di circa 3500 dollari (oltre 2900 euro) per 50 grammi. Si tratta di una varietà prodotta da un insegnante e imprenditore del Sichuan, An Yanshi, che ha concepito un singolare metodo di coltivazione per le sue piante: il fertilizzante utilizzato sono le feci del panda. Il famoso orso bianco e nero riesce ad assimilare solo pochi nutrienti dal cibo, espellendo diverse sostanze. Per questo i suoi escrementi sono considerati un ottimo concime per le piantagioni di tè.
Chi beve più tè
Da un’indagine di mercato relativa al 2016, il Paese che consumava il maggior quantitativo di tè risultava essere la Cina. Seguivano India e Russia quasi “ex aequo”, poi Pakistan, Egitto, Turchia e USA. Il Regno Unito, sorprendentemente, appariva solo in ottava posizione. Dobbiamo però considerare anche le dimensioni dei Paesi nella classifica. Il consumo pro capite di tè degli inglesi è comunque notevole: nel 2017 il 68% della popolazione beveva tè giornalmente, il 37% consumava da 2 a 3 tazze al giorno, il 21% da 4 a 5. Nel 2019 è stato stimato un consumo medio annuo di 1,3 kg di tè a testa in Inghilterra.
Più caffeina nel tè nero?
Sfatiamo la diffusa convinzione che il tè nero contenga più caffeina, rispetto al tè verde. Non è la tipologia a determinare la percentuale di caffeina, comunque inferiore a quella del caffè: dipende da diversi fattori, come la quantità della sostanza nelle foglie di ogni singola pianta, la fermentazione e la torrefazione.
Il valore in base alle foglie
I tè di qualità elevata sono prodotti raccogliendo solo il germoglio sulla punta del ramo e le due foglie più vicine. I germogli, in particolare, sono considerati la parte più pregiata; il tè da questi ricavato è detto “golden tips” (“punte d’oro”). Il tè originato dalla raccolta del germoglio e di una sola foglia viene chiamato “imperiale”; quello ottenuto dal germoglio e da due foglie è la versione più diffusa, detta “fine” e sempre di ottima qualità. Quando le foglie utilizzate iniziano a essere tre o quattro, il prodotto è considerato di minor valore.