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14 Marzo 2022

 

Ansia e attacchi di panico, riconoscerli e affrontarli

 

di Ugo Cirilli

 

È facile provare ansia nei momenti d’incertezza, magari ascoltando notizie d’attualità preoccupanti o avvicinandosi a un evento importante, come un colloquio di lavoro. Quando possiamo parlare di un vero e proprio disturbo d’ansia? Come capire se occorre chiedere aiuto?

Riferiamoci al DSM-V, ultima versione del Diagnostic Statistical Manual, il testo utilizzato da psicologi, psichiatri e medici per la diagnosi dei problemi della mente.

 

 

Il manuale fornisce innanzitutto un’indicazione di natura temporale: per parlare di un disturbo d’ansia, i sintomi ansiosi frequenti devono essersi protratti per almeno sei mesi negli adulti, quattro settimane per bambini e adolescenti.

Il DSM-V distingue poi varie casistiche a seconda della causa scatenante. Abbiamo ad esempio il disturbo d’ansia generalizzato, in cui la persona si dimostra ansiosa in vari ambiti della vita, dal lavoro alla dimensione affettiva, con una condizione di allerta frequente e preoccupazioni esagerate.

Altro caso è il disturbo d’ansia sociale, in cui i sintomi ansiosi compaiono soprattutto in situazioni legate all’incontro con gli altri e alla sfera pubblica (tenere un discorso ai colleghi o durante un evento, presentarsi a persone nuove… ).

 

 

Il disturbo d’ansia, quindi, si riferisce a una condizione protratta nel tempo. Anche nel caso di episodi isolati di forte ansietà, però, facciamo bene a riflettere.

Distinguiamo tra il timore di una determinata situazione e un’ansia disfunzionale.

Torniamo all’esempio del colloquio di lavoro. Sarà del tutto comprensibile provare un po’ di agitazione, temere determinate domande, essere assaliti dalla paura di un rifiuto.

Cerchiamo di capire se la nostra mente, invece, vive la cosiddetta ansia anticipatoria; in pratica, se anticipiamo nei pensieri eventuali situazioni sgradevoli, anche con fantasie piuttosto dettagliate.

 

 

Magari “vediamo” già il selezionatore che ci critica per l’abbigliamento, o per una frase… questi pensieri non hanno alcun senso, perché non sappiamo se certe circostanze si verificheranno.

Eppure, talvolta sono accompagnati da immagini mentali così vivide, da convincerci che quegli eventi accadranno.

Chiaramente questa forma d’ansia rischia di trasformarsi in un serio ostacolo nel lavoro, nelle relazioni, nella quotidianità in genere.

 

 

Un’altra problematica psicologica diffusa è l’attacco di panico, che può rivelarsi a sua volta molto limitante.

Si tratta di un rapido crescendo di paura che porta a sensazioni fisiche molto intense e sgradevoli, come tachicardia, forte sudorazione, tremore e vertigini.

La persona sente di perdere il controllo e non riuscire a gestire l’agitazione. In alcuni casi può temere perfino di impazzire o morire.

La rapidità e l’intensità delle sensazioni possono portare a pensare che si tratti di un malore, addirittura un infarto, anche se l’attacco di panico non lascia danni fisici.

L’episodio ha in genere breve durata, dai cinque ai venti minuti, attenuandosi gradualmente.

L’esperienza è talmente sgradevole che chi l’ha vissuta può sviluppare una forte ansia anticipatoria.

Si preoccupa di vivere di nuovo l’attacco nel luogo o nella situazione in cui è avvenuto, finendo per evitare quel contesto.

 

 

Può succedere che proprio questa paura, paradossalmente, porti a vivere un altro attacco di panico qualora ci si trovi nella stessa situazione.

Quando si verificano diversi episodi piuttosto ravvicinati (almeno due), si parla di disturbo da attacchi di panico.

Per affrontare questo problema, così come la forte ansietà, occorre innanzitutto cercare di conoscere noi stessi. Poniamoci alcune domande.

Stiamo vivendo una fase di particolare stress? Eventi come un lutto, la perdita del lavoro, un sovraccarico lavorativo o una separazione possono destabilizzare la persona nel profondo, provocando una tensione che esplode anche in circostanze all’apparenza “neutre”.

La psiche comunica che è stato superato un limite e non è più possibile ignorare il problema.

 

 

La causa può essere legata anche alla specifica situazione in cui si manifestano l’attacco o la forte ansietà. Ci turbava, ad esempio, trovarci in un luogo affollato? Domandiamoci perché quel contesto provocava in noi un disagio.

Il problema era sentirsi osservati da tante persone? O temere di non poter lasciare facilmente il luogo, di non avere vie di fuga? Trovare queste risposte può portarci verso una conoscenza più profonda di noi. Magari scopriremo di essere condizionati da ricordi di eventi passati, che ci portano a vivere timori ormai senza senso.

 

 

Cosa fare però se l’ansia sale e temiamo che si scateni l’attacco di panico? Agire sulla respirazione può rappresentare una prima tecnica: respiri lenti e profondi inviano all’organismo un segnale di cessato pericolo.

Abbiamo parlato appunto di respirazione lenta: l’obiettivo non è “riempirsi” d’aria esageratamente, anzi… l’iperventilazione, indotta da una respirazione concitata, è spesso associata all’attacco di panico.

 

 

Un’altra strategia è distrarre la mente dai pensieri ansiogeni, anche attraverso stimoli all’apparenza banali: concentrarsi su azioni pratiche come riordinare qualcosa, contare, toccare un oggetto focalizzandosi sulle sensazioni, contrarre dei muscoli e rilassarli…

Se il problema continua a presentarsi, queste strategie non saranno sufficienti. Occorrerà affrontarne le cause profonde, rivolgendosi magari a uno specialista come lo psicologo.

 

 

 

Questo articolo è un testo puramente informativo. Non rappresenta in nessun modo prescrizioni o consigli medici, né può sostituire il parere dello psicologo.

 

 

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