La foresta amazzonica, meraviglioso Polmone verde in pericolo
di Ugo Cirilli
La foresta amazzonica è conosciuta anche come il Polmone verde del nostro Pianeta, importantissimo per la vita: con i suoi 52.000 km², questo ambiente straordinario è stato dichiarato Patrimonio UNESCO dal 2000. Dal suo futuro dipende la vita sulla Terra: può assorbire da 150 a 200 miliardi di tonnellate di carbonio ed è un elemento chiave per il mantenimento dell’equilibrio climatico. La sua esistenza ha contribuito a garantire livelli ottimali di ossigeno nell’atmosfera. È la foresta pluviale più grande al mondo (rappresenta da sola il 49% delle foreste pluviali del Pianeta) e si ritiene che si sia formata nel lontano Eocene, cioè tra 55 e 0,2 milioni di anni fa circa. È attraversata dal Rio delle Amazzoni, il fiume più lungo in assoluto.
Una biodiversità sorprendente
Orchidee variopinte e altri fiori, alberi imponenti, scimmie, tartarughe, farfalle sono solo alcune delle forme di vita evolutesi in questo habitat unico. Predatori e prede abitano il folto della foresta: dal giaguaro, di cui rimangono pochi esemplari in Amazzonia, al capibara, il roditore più grande che può raggiungere il peso di 70 kg. Anche le acque sono abitate da una varietà di animali singolari come l’inia, il delfino rosa, il piranha, l’anguilla elettrica capace di emettere vere scariche dai fianchi. Se alziamo lo sguardo incontriamo altri spettacoli: tra le piante volano uccelli coloratissimi come il pappagallo ara macao e il tucano, rapaci come l’imponente arpia che raggiunge i 2 m di apertura alare… la foresta è un enorme scrigno che accoglie il 10% della biodiversità del Pianeta.
La presenza umana: dalle sorprendenti tracce antiche a oggi
Per molto tempo storici e scienziati hanno pensato che questo territorio fosse stato scarsamente popolato dall’uomo. Alcune scoperte archeologiche hanno portato a rivedere tale convinzione: ad esempio, sono stati rinvenuti grandi geoglifi, ossia disegni sul terreno ottenuti scavando o disponendo rocce in muretti. Estesi fino a 300 m, si ritiene che abbiano un significato e siano stati realizzati da civiltà precolombiane piuttosto avanzate. Uno sembra raffigurare un colibrì.
Nel cuore della foresta a inizio 2020 è stata scoperta la cosiddetta “Cappella Sistina rupestre”: oltre 12 km di pareti rocciose dipinte, con immagini di animali, piante e scene di vita quotidiana. Si pensa che i suggestivi dipinti risalgano a circa 13.000 anni fa e la loro realizzazione abbia richiesto l’uso di scale, o di qualche forma di ponteggio.
Anche oggi la foresta è abitata da circa 400 tribù indigene, ognuna con la propria lingua e la propria cultura. Vivono di caccia, pesca, agricoltura e raccolta di vegetali. Alcune di esse sono dette “incontattate”: non hanno mai avuto rapporti con la società esterna.
Un habitat unico in pericolo
Parlare dell’Amazzonia significa affrontare anche un tema spiacevole: i pericoli che minacciano il preziosissimo Polmone verde. Una deforestazione selvaggia distrugge km e km di foresta, per fare spazio a coltivazioni, allevamenti e miniere. Un mezzo molto utilizzato è il fuoco, che talvolta sfugge al controllo provocando ulteriori danni. Secondo dati del WWF raccolti tra il 1988 e il 2017, ogni anno è stata persa una superficie di 12000 km².
Uno studio, pubblicato di recente sulla rivista Nature Climate Change, ha evidenziato un altro dato allarmante: dal 2010 al 2019 il bacino amazzonico ha emesso più anidride carbonica (16,6 miliardi di tonnellate) di quanta ne abbia assorbita (13,9). Com’è possibile questa inversione di tendenza? Secondo gli scienziati, la deforestazione ha fatto sì che la foresta non riuscisse a contrastare i livelli di inquinamento, sempre più alti.
Occorrono provvedimenti e azioni di tutela ambientale sempre più estese, se non vogliamo dire addio al Polmone verde. Perderlo o comprometterlo ulteriormente significherebbe avviarci verso un futuro molto incerto. Invertire la rotta è possibile, ma non c’è tempo da perdere.