Gli elefanti, colossi che sorprendono
di Ugo Cirilli
Sono dei giganti dalle lunghe zanne, dalla forza incredibile e dall’udito molto sviluppato. Non si tratta di creature create dalla penna di uno scrittore fantasy, ma degli elefanti: animali affascinanti dotati di un’intelligenza notevole.
La loro stazza è davvero imponente: il maschio dell’elefante africano, il mammifero più grande del Pianeta, ha un’altezza media al garrese di 3,2-2,5 m e un peso che va dai 3800 ai 5100 kg, ma può in alcuni casi arrivare a 8000 kg. Questa fisionomia “pesante” e i movimenti cadenzati possono dare l’idea di animali piuttosto lenti e pigri, sia a livello fisico che intellettivo. Mai fermarsi alle apparenze, però: la scienza ha scoperto le capacità sorprendenti di questi pachidermi.
Sono più atletici di quanto possiamo pensare
Gli elefanti non sono affatto creature sedentarie: al contrario, il loro istinto è spostarsi, anche su lunghe distanze. Hanno un’alimentazione erbivora e assumono quantitativi enormi di vegetali, potendone digerire qualsiasi tipo: devono quindi esplorare vasti territori per reperire il cibo necessario.
Riescono anche a correre, o quantomeno a procedere “al trotto”: certo, non sono rapidissimi, ma tanto basta a spazzare via quell’idea di animali lenti e oziosi. Durante alcuni studi, sono state registrate velocità vicine ai 24 km/h; non molto, ma consideriamo che gli elefanti non possono affaticare troppo i muscoli, dato il peso enorme. Non a caso, anche in corsa non sollevano mai contemporaneamente tutte le zampe da terra.
La loro attitudine al movimento è stata limitata dalla presenza dell’uomo, l’unico essere vivente che ne minaccia seriamente la sopravvivenza negli habitat in cui vivono, in Africa e in Asia.
Hanno una mente brillante
Da tempo sappiamo che gli elefanti hanno una notevole capacità di ricordare, tanto da dare origine all’espressione “memoria da elefante”. È noto il caso di un esemplare che ha riconosciuto, a distanza di anni, la ricercatrice che l’aveva addestrato a svolgere alcuni esercizi. Quando l’ha vista, ha iniziato spontaneamente a eseguire i vecchi “compiti”. Sembra che gli elefanti possano anche fissare nella mente piccoli particolari. Ad esempio, è stato osservato che in Kenya riuscivano a distinguere dagli abiti i Masai, cacciatori, dai contadini. Di fronte ai primi fuggivano, mentre rimanevano tranquilli incontrando i secondi.
La memoria li aiuta molto anche nella vita sociale: riescono infatti a riconoscere il verso di un centinaio di compagni, per capire quali si trovano nelle vicinanze senza vederli.
Sono altruisti e sensibili
È vero che i maschi adulti, nel periodo detto del “musth”, diventano aggressivi e lottano tra loro per le femmine. In tale fase sono particolarmente nervosi e pericolosi, anche per l’uomo. In genere, però, gli elefanti hanno dimostrato di essere molto solidali. Ad esempio possono “adottare” dei piccoli rimasti orfani, anche se non hanno con essi nessun legame di consanguineità. Inoltre, tendono ad aiutare gli esemplari in difficoltà. Durante uno studio un’elefantessa era stata sedata dai ricercatori per metterle un radiocollare, in modo da poterne controllare gli spostamenti. Gli altri esemplari del branco, vedendola vacillare e credendola ferita o debilitata, iniziarono a sorreggerla perché non cadesse.
Sembra che questi animali abbiano inoltre una particolare percezione della morte dei simili, quasi una forma di lutto vicina a quella umana. “Vegliano” il defunto vicini al corpo, possono rimanere digiuni per giorni e talvolta piangono, versando lacrime in abbondanza. In alcuni casi si sono recati a lungo in visita alle spoglie di un esemplare deceduto, anche quando non ne rimanevano che le ossa.
Gli elefanti si rivelano quindi creature davvero complesse e affascinanti. Oggi sono classificati come specie “vulnerabile – minacciata”; non a rischio estinzione ma in pericolo, soprattutto a causa del bracconaggio dei cacciatori d’avorio. Fortunatamente, la sensibilità nei confronti della loro tutela è sempre più forte: grande indignazione ha suscitato, di recente, la morte di un’elefantessa indiana incinta, che aveva mangiato un ananas con petardi nascosti all’interno. I parchi nazionali garantiscono la sopravvivenza di questi animali, che nell’ambiente naturale hanno l’aspettativa di vita più alta: 40-60 anni, in alcuni casi oltre 80.