5 Luglio, la nascita del bikini
di Virginia Torriani
La sua comparsa sulla scena della moda ha rappresentato una vera e propria rivoluzione. Stiamo parlando del bikini, il costume da mare in due pezzi.
Il modello vanta una lunga e gloriosa storia alle spalle: le prime origini documentate dell’indumento si possono far risalire addirittura all’epoca romana. Una testimonianza iconografica si può ammirare anche nei mosaici romani di Villa del Casale, a Piazza Armerina. Ma l’arte antica è piena di urne, affreschi e mosaici in cui vengono raffigurate donne in costumi a due pezzi.
Il bikini così come lo conosciamo oggi però è stato inventato solo molto tempo più tardi, nel 1946 – per la precisione il 5 luglio – per opera del sarto francese Louis Réard. Il nome del capo, scelto dallo stesso modellista, si deve all’atollo di Bikini nelle Isole Marshall, nel quale negli stessi anni gli Stati Uniti stavano conducendo una serie di esperimenti nucleari. Réard era convinto che l’introduzione del nuovo tipo di costume avrebbe avuto effetti esplosivi e dirompenti sulla società e sui costumi, al pari di quanto avveniva nell’esotico atollo.
Il bikini presentato dal sarto per la verità rifiniva e migliorava il lavoro di Jacques Heim, che già due mesi prima aveva presentato il suo Atome. Il nome del modello in questo caso alludeva alle dimensioni ridotte dell’indumento, che veniva pubblicizzato appunto come il costume da bagno più piccolo al mondo, al pari di un atomo.
Con il suo lavoro Réard rese l’Atome ancora più piccolo, così per pubblicizzare il suo bikini si mise alla ricerca di una modella pronta ad indossarlo. L’impresa non fu affatto semplice, tutte le indossatrici più note non osavano mettersi così tanto in mostra: Réard finì quindi per ingaggiare come mannequin Micheline Bernardini, una spogliarellista del Casino de Paris.
Sull’effetto bomba del bikini il sarto però non si sbagliò: il costume a due pezzi ebbe davvero un effetto sconvolgente sull’opinione pubblica, che si divise tra favorevoli e contrari. Negli anni ’50 Italia, Spagna e Portogallo vietarono espressamente alle rispettive cittadine di indossare il bikini in spiaggia, mentre negli Stati Uniti ci vollero quindici anni perché questo costume venisse accettato.
Fu solo nel 1953, quando vennero pubblicate le foto di Brigitte Bardot in bikini su una spiaggia di Cannes, che il bikini iniziò a divenire popolare, dapprima in Costa Azzurra e poi nel resto del mondo. La conquista del mercato americano si ebbe nel 1958, quando il bikini di Brigitte Bardot nel film “Piace a troppi” cominciò a creare un interesse e poi un vero e proprio mercato per questo prodotto: nel 1963 il film “Vacanze sulla spiaggia”, con Annette Funicello e Frankie Avalon fu il primo di una serie di film che resero il costume un’icona della cultura pop, mentre nel 1964 la rivista Sports Illustrated pubblicò in copertina la foto di una modella in bikini, legittimando definitivamente il costume presso il grande pubblico statunitense.
Dalla metà degli anni Sessanta, grazie al cinema e alle riviste che cominciarono a pubblicare foto di famose attrici in bikini, il costume divenne popolare e cominciò a diffondersi in tutti i paesi occidentali.
Il resto è storia, fino ai giorni nostri. Il bikini anno dopo anno ha continuato a reinventarsi e a trasformarsi. Si è passati così alla versione monokini, ovvero topless, alla stringkini, dove le stoffe del sopra e del sotto si fanno sempre più ridotte e sono tenute assieme con stringhe o lacci. Al contrario nel tankini il pezzo di sopra è tagliato a canotta, per un effetto decisamente più coprente, e infine c’è poi il trikini, dove ai due pezzi si aggiunge un pareo, degli shorts o una maglietta come terzo capo in abbinamento.