La marmotta, socievole abitante della montagna
di Ugo Cirilli
È un piccolo roditore simbolo della montagna e si dice che fosse l’animale totem di un leggendario, antico popolo delle Dolomiti, i Fanes: la marmotta, dall’indole socievole.
Vive nell’arco alpino, sull’Appennino Tosco-Emiliano, in alcune aree montuose della Germania, sui Carpazi, sui Pirenei e sul Massiccio Centrale Francese.
Il suo habitat in genere si trova ad altitudini superiori ai 1500 m. La specie “nostrana” è la Marmota marmota, che pesa circa 6-10 kg per una lunghezza di 60 cm.
Questo animale dalle abitudini diurne forma piccole colonie, simili a “famiglie”: spesso sono costituite da un maschio e da una femmina, dai cuccioli e da poche altre marmotte, ma la struttura può variare molto.
L’attitudine “sociale” permette una migliore difesa dai predatori: alcuni esemplari svolgono la funzione di “sentinelle”, allertando il resto del gruppo se avvistano animali pericolosi come aquile e volpi. Il verso di “allarme” è un caratteristico fischio, molto acuto.
Nella bella stagione, la marmotta trascorre la giornata pulendo la pelliccia, riposando al sole con i suoi simili e nutrendosi di erba, semi e radici.
I suoi incisivi hanno una crescita continua ed esercitarli in una buona masticazione è essenziale per limarli. Quando scende l’oscurità, le marmotte si rifugiano nelle tane che scavano abilmente nel terreno, grazie alle unghie affilate.
D’estate i tunnel sono poco profondi; con l’autunno invece divengono più articolati, anche di diversi metri, con una “camera” dove accumulare il cibo.
Nonostante la folta pelliccia, infatti, questi animali preferiscono evitare il grande freddo con una strategia comune a molte altre specie: il letargo.
Generalmente, tra ottobre e aprile scivolano in un sonno sorprendente all’interno delle tane: la temperatura corporea scende a meno di cinque gradi, il cuore rallenta a 15 battiti al minuto.
Perfino lo stomaco e l’intestino possono ridursi della metà per risparmiare energie. Sembra che le marmotte si sveglino solo se la temperatura ambientale diventa particolarmente rigida.
Con questo riposo di mesi, riescono a sopravvivere semplicemente consumando le riserve di grasso corporeo. Ad aiutarle, anche in questa circostanza, è la socialità: se diversi esemplari dormono vicini riescono a scaldarsi più facilmente.
A primavera la vita rinasce e anche le marmotte lasciano la tana, per nutrirsi e tornare alle attività abituali.
Da aprile a giugno avviene la riproduzione: i piccoli nascono ciechi e privi di pelo, ma a soli due mesi sono già indipendenti!
Del resto, la simpatica marmotta è una vera esperta di sopravvivenza, adattata come abbiamo visto ad affrontare il clima rigido della montagna. E le Giovani Marmotte, è proprio il caso di dirlo, dimostrano già una notevole grinta.